«L’autrice ci accompagna dentro un’opera che è al tempo stesso romanzo d’amore e testimonianza politica di grande ricchezza».
L’Express
Nella più sordida prigione di uno stato in cui non è difficile riconoscere l’Iran, terra d’origine dell’autrice Fariba Hachtroudi, la prigioniera 455 è un mito. Ogni giorno, bendata, viene torturata crudelmente, con sadismo. Eppure non parla, resiste. Troppo, per i suoi carnefici. Crede che sia giunta la sua ora quando un uomo misterioso la libera dall’incubo con un semplice schiocco delle dita. La prigioniera 455 non lo vede in faccia, ne intuisce appena la camminata. Anni dopo, al sicuro in un paese europeo, le basterà per riconoscere l’uomo venuto a chiedere asilo politico, un ex colonnello in fuga dal loro comune paese d’origine. È l’inizio dei ricordi, due vite su fronti opposti, entrambe vittime di un grande amore spezzato. Ma è anche l’inizio della libertà.
Fariba Hachtroudi
Nipote dello sceicco Esmaïl Hachtroudi, leader religioso che ha difeso la laicità e la tolleranza, Fariba Hachtroudi è figlia del grande matematico Mohsen Hachtroudi, più volte in odor di Nobel e grande autorità morale, attivo sul fronte della difesa dell’uguaglianza tra uomini e donne. Nata in Iran, Fariba ha vissuto in Francia dalla sua adolescenza. Giornalista fin dalla guerra Iran-Iraq, ha pubblicato numerosi reportage sull’Iran e sui diritti delle donne. Il suo primo romanzo ha ricevuto il Gran Premio dei Diritti dell’Uomo.