Era stata dura con il presidente riformista Mohammad Khatami, perché - come pensavano tanti altri iraniani - non faceva abbastanza per cambiare. Ma ora, 15-20 anni dopo, dichiara di avere ancora fiducia nel moderato Hassan Rohani e nel suo governo, tornato sotto il fuoco incrociato degli ultraconservatori nel clima di stallo economico del dopo-accordo sul nucleare, perché pragmaticamente dice che in politica "occorre scegliere" tra ciò che offre il sistema, e conta ciò che la persona scelta "può fare". Giornalista e scrittrice franco-iraniana, vissuta per gran parte della sua vita in Francia e nota per il suo spirito critico contro gli oscurantismi religiosi e la repressione dei diritti nella Repubblica islamica, Fariba Hachtroudi è fra i vincitori del 10/o Premio Cultura Mediterranea della Fondazione Carical la cui cerimonia conclusiva si è svolta oggi a Cosenza.
"Vedo la grande sfida che sta vivendo l'Iran, quanto è pericoloso questo momento", dice Fariba Hachtroudi parlando con l'ANSA, segnalando il rischio di un ritorno al passato e di un'ala dura del sistema dove dominano "corruzione e stupida miopia". "Sono certa che questa cerca la guerra tra Teheran e Riad, che il governo cerca di evitare in tutti i modi".
E anche per questo - dice ancora la pluripremiata scrittrice nonché fondatrice dell'associazione umanitaria e culturale Mohese Hachtroudi MoHa - "sono contraria alla politica francese" che formalmente sostiene l'Iran, "ma si sta ancora più avvicinando all'Arabia Saudita", patria e centro di diffusione di quel pensiero wahabita che ha generato i mostri dell'Isis e del terrorismo sunnita. Quello stesso che, rimarca, "ha colpito la Francia" negli ultimi mesi. "Disapprovo anche le politiche europee - prosegue - che non hanno sostenuto l'Iran nell'economia", ancora impastoiata da ostacoli alle attività finanziarie simili all'epoca delle sanzioni sul nucleare. Da parte sua, l'autrice di "L'uomo che schioccava le dita (edizioni e/o 2015) ha scelto proprio questi anni per tornare a vivere in Iran, dove sta lavorando ad una fondazione dedicata alla memoria del padre, matematico ed epistemologo noto e stimato quanto il nonno Cheik Esmail Hachtroudi, leader religioso liberale. Per ora la Fondazione si concentrerà sulle questioni ambientali, "un'enorme sfida per il mondo ed in particolare per l'Iran".
Ma il rientro a Teheran non è scelto a cuor leggero. Lo definisce lei stessa "rischioso" per i suoi scritti e libri critici del sistema, ma lo ha scelto "per servire il mio Paese".
Del resto è abituata a "pagare un prezzo" per la sua libertà e le sue posizioni spesso fuori dal coro. "Ma la mia linea rossa è quella della difesa dei diritti umani - assicura -. Non ho nulla da nascondere, e non cambierò me stessa". Sa che l'Iran non potrà veramente cambiare finché resteranno in vigore la sharia, "che la maggioranza degli iraniani e anche una parte del 'clero' non vogliono", e il principio teologico-politico su cui si fonda l'autorità della Guida suprema. "Gli iraniani non cercano una rivoluzione o cambiamenti violenti, perché vedono cosa sta accadendo nella regione - conclude - però sicuramente vogliono una qualche separazione tra religione e politica".