Requiem per Naaman è la storia di quattro generazioni della famiglia Abramson. Il “fondatore” emigra in Palestina alla fine dell’Ottocento, ma sua moglie non sopporta la dura vita dei coloni, fugge nel deserto e si uccide. Anche il figlio Naaman, musicista sensibile, lontano dallo spirito combattente del sionismo, fugge a Parigi e nella follia. E nel sangue dei nipoti e dei figli dei nipoti continua a scorrere una duplice, contraddittoria vocazione: quella spirituale, utopistica e poetica, che non ha bisogno di un luogo fisico di approdo e che però spesso sfocia nella pazzia; e quella “territoriale”, concreta, che alimenta la fondazione dello stato d’Israele. Attraverso il racconto di questa “maledizione”, Tammuz scrive insieme un requiem per il sogno sionista e un’epopea degli ebrei del ventesimo secolo, un’epopea senza retorica fatta di tante, diverse e affascinanti storie di donne e di uomini.
«Tammuz scrive le ultime grandi avventure del luogo con lealtà e rispetto dei caduti. Non fa squillare trombe per i vincitori, non fa torto ai vinti. Narra la verità, che in bocca ai nonni e ai cantastorie è sempre fantastica».
(Erri De Luca – Corriere della Sera)
Benjamin Tammuz
Benjamin Tammuz è nato in Russia nel 1919, e all’età di cinque anni ha raggiunto la Terra d’Israele. Dopo studi in legge ed economia all’università di Tel Aviv, ha studiato storia dell’arte alla Sorbona. Per molti anni è stato caporedattore della pagina letteraria dell’autorevole quotidiano israeliano Haaretz, portando avanti parallelamente la sua attività di scrittore, e riscuotendo un notevole successo a livello internazionale. Tra i suoi romanzi ricordiamo – oltre al Minotauro – Il frutteto, Requiem per Naaman, Il re dormiva quattro volte al giorno, Londra, tutti pubblicati dalle Edizioni E/O. È morto nel 1989.