Victor Serge, figlio di esuli russi in Belgio in fuga dallo zarismo, prese parte da anarchico a molti movimenti rivoluzionari, prima di aderire al bolscevismo diventando intimo di Trotskij, ma finì nel gulag in quanto critico della deriva autoritaria della rivoluzione. Le proteste internazionali, aperte da Salvemini, indussero Stalin a liberarlo e, dopo gli anni del Fronte Popolare in Francia, egli dovette emigrare ancora, nel lontano Messico dove morì. Fu lì che scrisse questo appassionato pamphlet sulla nascita di un vulcano alla quale poté assistere, vicino allo sperduto villaggio di San Juan Parangaricútiro, che fu tradotto nel 1991 per la rivista Linea d'ombra dal giovane e geniale scrittore sardo prematuramente scomparso Sergio Atzeni. Una riflessione sull’umana precarietà e sulla forza della natura in confronto con la storia, da un luogo dove la parola “terremoto” non ha solo un significato metaforico.
Victor Serge
Victor Serge (1890-1947) trascorse un’infanzia e un’adolescenza vagabonde e segnate da un’insolita tensione alla conoscenza e al cambiamento. Anarchico, condannato a cinque anni di carcere per i suoi legami con membri della Banda Bonnot (di cui tuttavia condannò le scelte sanguinarie e disperate), militante pacifista nella Prima guerra mondiale e poi combattente contro i bianchi nella guerra civile russa, fu in prima fila nell’insurrezione di Barcellona e nella difesa di Pietrogrado, lavorò con Gor’kij, Trockij, Lenin. Dei bolscevichi ammirò la determinazione e la lucidità, ma ne criticò l’autoritarismo e fu deportato da Stalin.