Louise Kirk ha solo nove anni quando sua madre fugge di casa lasciando solo un biglietto: “Me ne sono andata. Non torno. Louise sa lei come funziona la lavatrice”. Dopo qualche tempo, nel quartiere di Toronto in cui abita col padre e con la governante si trasferiscono i Richter, famiglia tedesca emigrata in Canada. Se all’inizio l’amore di Louise si concentra sulla materna ed esotica signora Richter, ai suoi occhi madre ideale dalla quale desidera farsi adottare, ben presto il suo sentimento ossessivo si riversa su Abel, il figlio adottivo dei Richter, bambino dall’intelligenza precoce e dalla spiccata sensibilità. Louise inizia a seguirlo nelle sue peregrinazioni alla scoperta delle meraviglie della natura e, come una fedele discepola, assorbe di riflesso tutto ciò che egli studia e osserva, che si tratti della poesia di Verlaine o dei fenomeni naturali. Così i due protagonisti, dopo essersi conosciuti nella Toronto degli anni Sessanta, non si lasceranno mai più: dalla loro amicizia nascerà infatti una storia d’amore che li vedrà legati per il resto della vita. Abel è un ragazzo generoso, che ammira la bellezza in tutte le sue manifestazioni, riuscendo a scorgerla anche nelle vite disperate dei derelitti con i quali ha deciso di vivere. È lui che mostra a Louise le meraviglie, piccole e grandi, della natura prima, e della vita in generale poi. Egli nutre però allo stesso tempo un desiderio di morte e di autodistruzione, e inizia infatti a bere fino a uccidersi. Il romanzo non narra gli eventi seguendo il loro svolgimento cronologico ma si muove continuamente tra passato e presente, tra la gola che Abel e Louise esplorano da bambini e il letto di morte di Abel. La narrazione vede intrecciarsi le loro storie in età diverse, svelandoci molteplici possibili incarnazioni dell’amore: una bambina abbandonata dalla madre che desidera essere adottata; un marito mite perennemente legato al ricordo di una moglie che lo ha lasciato, e che vive aggrappato alla speranza che un giorno lei tornerà; una donna che si rifiuta di separarsi da un uomo magnetico, per quanto elusivo. Ma la dinamica che ha luogo all’interno del libro è più universale: il costante tornare col ricordo alla gola di Louise è il nostro continuo tornare indietro ai ricordi dell’infanzia perché, come dice la protagonista in apertura di romanzo, “il passato non è fisso se non è morto”. E Louise si cala infatti nella disperata impresa di ricatturarlo, questo passato: a lei il resto del mondo non interessa se non quando lo scorge attraverso gli occhi di Abel, che glielo rivelano come uno spettacolo in perenne svolgimento. Nella scrittura di Gowdy c’è allora ampio spazio per quei dettagli che apparentemente non hanno importanza e che invece arricchiscono la sua scrittura di una densità che la accompagna frase dopo frase in una struttura elegante che descrive eventi visti da una prospettiva intima e personale. Il suo è un romanzo sul destino, sulla forza di una volontà che sa essere ostinata nel bene come nel male e sulle innumerevoli sfaccettature di un amore che può svelare lati ugualmente romantici seppure opposti: la fascinazione incondizionata e l’autodistruzione; l’amore esclusivo per un solo uomo oppure quello per la vita in tutti i suoi aspetti, anche quelli più tragici. Chi, dunque, o cosa è romantico in questa storia? È romantica Louise, sempre in bilico tra i ricordi di due persone che ha amato e perso, chiusa nella sua devozione solitaria e senza tempo, o è romantico Abel, per quanto in maniera maledetta, intenerito dalla vita in ogni sua manifestazione ma incapace di salvarsi da sé stesso e dai demoni interiori che lo portano alla morte? O, ancora, è romantico sopravvivere e conservare il ricordo di chi per sua volontà ha abbandonato la vita, anche se immensamente amato? E cosa c’è di romantico nelle sfaccettature più oscure e inspiegabili dell’amore, della perdita e della memoria? Il romanzo non suggerisce facili risposte, ma sigilla una sola verità: chi sopravvive non dimentica, e può, grazie a un’immaginazione questa volta sì romantica, riempire il vuoto dell’esistenza con il ricordo delle persone amate e perdute.
Barbara Gowdy
Barbara Gowdy, salutata da Alice Munro e Joyce Carol Oates come una stupenda scrittrice, ha pubblicato romanzi tradotti in tutto il mondo, tra i quali il famoso L’osso bianco, che ha per protagonisti una famiglia di elefanti, e Senza via d’uscita, entrambi pubblicati in Italia da E/O. Vive a Toronto.