Un’indagine poliziesca scaturita da un lontano crimine passionale tra i rampolli della nomenklatura staliniana ricostruisce in maniera vivida le vite degli “schiavi d’oro” di Stalin, quegli uomini e quelle donne che seguirono ciecamente l’Imperatore nella sua sanguinaria epopea, che per essa si sacrificarono, preferendo spesso auto-accusarsi e farsi fucilare pur di non essere esclusi dal grande sogno del potere assoluto, dall’unico scopo capace di dare significato alle loro vite.
Nel 1943, in piena guerra contro il nazismo, Volodja Šachurin, quindicenne figlio del Ministro dell’aeronautica, uccise con un colpo di pistola la coetanea Nina Umanskaja, figlia dell’ambasciatore sovietico a Washington, e si tolse la vita subito dopo. L’omicidio-suicidio avvenne sul Ponte di Pietra, nel quartiere dove vivevano i pezzi grossi della nomenklatura.
Appena Stalin seppe del fatto di sangue che aveva coinvolto i figli di due tra gli uomini di spicco del suo regime, due suoi protégé, esclamò: «Hai capito, i lupacchiotti...». Il caso venne prontamente messo a tacere, furono arrestati vari compagni di classe delle due vittime, tutti figli di dirigenti del calibro di Molotov, Malenkov, Mikojan, mentre i genitori di Volodja e Nina sparirono nelle purghe o in misteriosi incidenti aerei e vennero dimenticati.
Oltre mezzo secolo dopo troviamo Aleksandr, l’io narrante del romanzo, mentre vende soldatini sovietici al mercato delle pulci di Mosca e viene ingaggiato da un misterioso sbirro. Egli stesso è uno strano personaggio: oltre a collezionare soldatini e rapporti sessuali frenetici e insoddisfacenti, lavora per l’FSB, gli attuali servizi di sicurezza russi. L’incarico affidatogli consiste nello scoprire la verità sul vecchio caso dei “lupacchiotti”. Con una bizzarra squadra di investigatori – Holzmann, Alëna, Boris... – Aleksandr dovrà scoprire se i due ragazzi furono veramente solo carnefice e vittima di una passione adolescenziale, oppure se furono due pedine di una congiura più ampia.
Il ponte di pietra è stato al centro di grosse controversie in Russia dove è stato pubblicato nel 2009, ottenendo il secondo posto nel principale premio letterario russo, il Premio del Grande Libro.
Aleksandr Terechov è affermato autore di saggi, inchieste giornalistiche e romanzi.
Il romanzo di Terechov, frutto di un’approfondita indagine storica, è in parte un giallo, in parte un reportage narrativo, in parte un monologo letterario di un narratore che mescola i propri deliri solipsistici con avventure erotiche nella Russia d’oggi e con centinaia di incontri con protagonisti grandi e piccoli della rivoluzione russa e della sua degenerazione totalitaria. La follia assolutistica che impregnò l’era di Stalin e che diede comunque linfa anche all’eroismo di quegli anni si mescola e si scontra – nelle pagine del romanzo – con il cinismo e la perdita di ideali del potere russo attuale. Questo confronto è simboleggiato dal disperato girovagare del protagonista detective in una Mosca spettrale, dove s’incrociano vecchi reduci della folle epopea staliniana con gli sgherri corrotti e glaciali della Russia di Putin.
Aleksandr Terechov
Aleksandr Terekhov è nato a Mosca nel 1966. È affermato autore di saggi, inchieste giornalistiche e romanzi. Il ponte di pietra è stato al centro di grosse controversie in Russia dove è stato pubblicato nel 2009, ottenendo il secondo posto nel principale riconoscimento letterario russo, il Premio del Grande Libro.