Costruito come un disco in vinile, Disorientale di Négar Djavadi è un romanzo con un lato A e un lato B; alla lettera, perché il libro è diviso in queste due parti. E come un disco, sembra essere scritto a ritmo di musica; anzi di tante e diverse melodie (ma prevalgono il jazz e il rock) che si compongono in un insieme che possiamo chiamare un’identità, o un’appartenenza. Spieghiamoci. Djavadi è una scrittrice francese, nata in Iran, cresciuta in una famiglia di oppositori, prima dello scià poi di Khomeini. A Parigi è arrivata clandestina all’età di undici anni (parlando di una clandestina sarebbe doverosa una riflessione sul deprimente linguaggio politico imposto in Italia dalla Lega e dai M5S, ma proseguiamo invece con la letteratura). Disorientale è un tentativo molto ambizioso di narrare la vita della protagonista, Kimia, a sua volta nata e cresciuta in Iran, figlia di un oppositore, prima dello scià poi di Khomeini. Anche Kimia è arrivata in Francia dopo una fuga a cavallo dal Paese natio, attraverso la Turchia. Il vero tema del libro è la felicità che deriva dalla consapevolezza che avere più identità e in conflitto tra di loro è fonte di ricchezza. O meglio, Disorientale è (tra le altre cose) un inno, una lode alla libertà; dove per libertà si intende non solo un atteggiamento e un modo di affrontare la vita da parte di una donna che non accetta la dittatura maschile sul genere umano. La libertà per l’autrice significa anche la consapevolezza di quanto la presunta “anomalia” vada rivendicata e coltivata. In termini filosofici Disorientale è un romanzo esistenzialista. Kimia, la protagonista, come si diceva nasce in una famiglia importante; un suo antenato aveva un vero harem. Ma poi arriva la modernizzazione della Persia (così si chiamava il Paese una volta), la laicizzazione forzata, la politica, il tentativo di nazionalizzare il petrolio e il colpo di Stato che ripristina lo status quo, fino alla Rivoluzione di Khomeini. Il lettore vive queste esperienze attraverso un racconto caustico, sarcastico, a volte comico. E poi c’è la parte della vita di Kimia in Occidente, dove la ragazza e poi la giovane donna continua ad agire continuando la tradizione trasgressiva della famiglia. Djavadi regala alla sua nuova patria, la lingua francese, una parte di se stessa iraniana. In fondo, la letteratura serve a questo: a farci capire che le radici sono materia delle piante. Noi umani, invece, abbiamo le parole.