Il Giappone è sempre una grande fonte di ispirazione per scrittori, registi e creativi in generale. Le sue architetture, la sua storia e la sua cultura sono così ricche e diverse dalla nostra che possono sempre nascondere qualche scoperta. Evidentemente, anche l’autrice della saga degli Otori, Lian Hearn, è rimasta affascinata da questo Paese, così come i suoi lettori che ora potranno riavere tra le mani Il canto dell’usignolo.
Il canto dell’usignolo è il primo della trilogia scritta dall’autrice inglese dedicata ad un Giappone feudale con elementi fantasy che dovrebbero dare nuova freschezza ad un periodo storico già protagonista di numerose storie, soprattutto in forma manga. La saga degli Otori fu pubblicata in Italia già nel 2006 da Mondadori, dunque non si tratta di una nuova uscita.
Tuttavia, grazie a Edizioni e/o, chi la ricorda con piacere potrà rileggerla in una nuova veste: all’epoca, infatti, venne pubblicata come volume unico che contava più di 900 pagine, mentre ora le tre parti che lo componevano saranno pubblicate separatamente. Il canto dell’usignolo, da solo, sarà capace di catturare l’attenzione dei lettori anche a distanza di 14 anni?
Gli abitanti di un piccolo villaggio nascosto vengono massacrati dagli uomini di Sadamu Iida, uno dei lord più potenti di questo Giappone feudale alternativo diviso dalle guerre fra famiglie. L’unico sopravvissuto è il giovane Tomasu, che viene salvato da un uomo misterioso, comparso all’improvviso in suo aiuto. Il viandante non è altri che Shigeru Otori, appartenente al clan degli Otori. Tomasu viene così adottato dal nobile Shigeru, riceve un nuovo nome, Takeo, e viene introdotto nel clan.
Entrando a far parte degli Otori, Takeo viene istruito come un ragazzo di famiglia nobile e Shigeru fa in modo che le sue origini rimangano segrete: infatti, Takeo non solo viveva in un villaggio di cosiddetti Occulti (un gruppo di persone con un culto religioso differente da quello che predomina nel resto del Paese e per questo perseguitato), ma possiede delle capacità particolari che il suo maestro Kenji Muto gli insegnerà ad usare poiché ereditate dalla Tribù, di cui entrambi fanno parte e a cui anche Takeo, prima o poi, dovrà riunirsi volente o nolente.
Apprendendo come sfruttare i propri talenti, Takeo finisce per prendere parte a una serie di intrighi, attraverso i quali scoprirà sempre di più la propria identità e il proprio ruolo in tutto l’intreccio, fino a scontrarsi nuovamente con Iida e i suoi uomini per vendicare il proprio villaggio e salvare Kaede Shirakawa, una principessa di un altro feudo, tenuta in ostaggio da Iida.
World building e sviluppo dei personaggi
Come detto, Il canto dell’usignolo, così come tutta la saga degli Otori, è ambientato in quello che si definisce Giappone feudale: il Paese fu diviso per un lungo periodo (all’incirca dal XII al XIX secolo) in numerosi feudi governati dai daimyō, fondamentalmente nobili samurai e signori della guerra che ricevevano le loro terre per concessione dello shōgun, il generale che deteneva il potere al posto dell’Imperatore.
In particolare, il periodo riprodotto nel libro assomiglia al periodo Sengoku (dal 1467 al 1573), durante il quale i vari feudatari erano in costante guerra tra loro. Gli scontri proseguirono anche successivamente, quando Nobunaga Oda, Hideyoshi Toyotomi e Ieyasu Tokugawa conquistarono gran parte dei territori, cominciando l’opera di unificazione del Giappone. Il culmine e la fine di questi conflitti fu la battaglia di Sekigahara, nel 1600, quando infine i Tokugawa assursero al potere dello shogunato.
(...)
Per chi ha amato la saga degli Otori ormai più di dieci anni fa, Il canto dell’usignolo sarà un’ottima occasione per riprendere una storia fantasy senza troppe pretese e ritrovare dei personaggi ai quali un tempo si era affezionato (è effettivamente difficile non riuscire ad apprezzare Shigeru Otori e, in fondo, anche Kaede non è così male). Chi invece deciderà di scoprirlo adesso sarà piuttosto deluso dalle aspettative create attorno al setting, che apparirà solo come un ologramma sbiadito del Giappone che ormai tutti conosciamo.
Il canto dell’usignolo, insomma, sarà pure il capitolo introduttivo di una saga di più ampio respiro, tuttavia non riesce a catturare completamente il lettore che conosce, anche solo parzialmente, la cultura e la storia giapponese.
Non per questo è comunque da buttar via: il suo target non sono quindi gli esperti ma normali appassionati di fantasy che cercano una storia ambientata in un mondo simile al nostro e nel quale ritornare più di una volta. Il finale del primo libro, infatti, risolve solo una parte dei nodi che si sono creati lungo il viaggio degli Otori per raggiungere la dimora di Iida, lasciando comunque molta curiosità sul destino di Takeo e non solo.
Quest’ultimo comunque risulta un buon esempio di impegno e lealtà, qualità lodevoli soprattutto nel contesto di una lotta per il potere e che, per fortuna, prevalgono sul suo desiderio di vendetta, non rovinando troppo la sua immagine di ragazzo dotato di principi morali.
Il canto dell’usignolo, perciò, va letto liberandosi da subito dell’idea di trovarsi in un vero Giappone feudale. In questo modo, può allora diventare una lettura leggera, senza impegno, capace però di farsi apprezzare da lettori navigati o principianti per la storia dei suoi personaggi ancora impegnati a crescere