Pubblicato nel 2006 in Giappone, Red Girls, di Sakuraba Kazuki, ha riscosso un immediato successo, grazie alla maestria con la quale l’autrice racconta attraverso le vicende famigliari delle tre protagoniste i mutamenti sociali ed economici che hanno trasformato radicalmente il paese dal dopoguerra a oggi. Nella traduzione fluida e scorrevole di Anna Specchio (edizioni e/o, pp. 480, € 12,99) si racconta di Man’yo, Kemari e Toko, che accomunate dall’appartenenza alla illustre e facoltosa dinastia degli Akakuchiba e all’antica dimora di famiglia, incarnano tre generazioni profondamente diverse fra loro.
La voce narrante è quella dell’ultima erede degli Akakuchiba, Toko, che, spinta dal desiderio di fare luce su un mistero di famiglia, racconta, oltre alla sua storia, quella della nonna Man’yo e della madre Kemari, custodi del suo stesso passato. Allo stesso tempo, Sakuraba porta il lettore attraverso i momenti salienti della storia recente del paese con perizia e con uno stile narrativo agile, creativo e accattivante.
Dagli anni del boom del dopoguerra, quando ancora prevalgono valori tradizionali e dedizione alla famiglia e alla comunità, fino alla contestazione giovanile degli anni Settanta, dove soprattutto le donne sono determinate a costruirsi spazi alternativi rispetto al matrimonio e alla maternità, si arriva allo scoppio della bolla speculativa anni Ottanta alla lunga recessione.
Red Girls è dunque uno spaccato del Giappone, della sua evoluzione e soprattutto delle sue contraddizioni, costruito innestando su una saga famigliare al femminile alcuni elementi noir.