“Il patto dei labrador” è un romanzo scritto da Matt Haig e pubblicato in Italia a settembre 2019 da “Edizioni e/o”.
Non è il tipo di lettura che scelgo di solito, ma me lo avevano regalato, così l’ho iniziato un po’ titubante: devo dire che sono rimasta molto sorpresa in positivo.
La storia è semplice e narrata da un punto di vista insolito, cioè da Prince, il labrador della famiglia Hunter, alla quale lui è molto legato. Prince è obbediente e calmo (è castrato, per questo dagli istinti sempre mitigati), innamorato dei propri “familiari” e interessato al loro benessere, senza alcuna eccezione. Il cane segue infatti “il patto dei labrador”, cioè una sorta di legge per cui la loro razza deve votarsi completamente alla propria famiglia, perseguendo il loro a bene a qualsiasi costo. Questo loro comportamento non è accettato da tutti i cani, vede infatti l’opposizione degli Springer Spaniel, che ritengono che il rapporto con gli umani debba essere utilitaristico e non troppo coinvolgente. I labrador, infatti, si considerano il collante della famiglia, il perno della loro armonia, pertanto si ritengono responsabili quando le cose vanno male.
La famiglia di Prince è composta da Adam e Kate e i loro due figli Hal e Charlotte. Adam è un professore un po’ abbattuto e dall’indole tranquilla; Kate lavora in un negozio e cerca di giostrarsi tra lavoro e figli e, dopo poco, con la madre che va a vivere con loro. Hal è un ragazzo ad un passo dalla maturità, costantemente impegnato a studiare e un po’ arrogante, mentre Charlotte ha tredici anni ed è in piena ribellione adolescenziale. Con queste premesse, Prince si ritrova a barcamenarsi tra un problema e l’altro, passando dal lutto alle scappatelle, fino ad arrivare ad un tentativo di suicidio.
Contrariamente a quello che può sembrare dall’inizio, il romanzo non verte sulla “trama canina”, ma punta sull’analisi dei rapporti familiari: sebbene Prince ne esca come un personaggio completo, dalla personalità delineata e dalla maturazione durante il corso del libro, il labrador sembra più un pretesto per avere un punto di vista esterno (ma non troppo) per narrare le vicende di una famiglia che si ama ma che ha molti problemi. Dopo una presentazione divertente sulle abitudini canine, il romanzo entra nel vivo e presenta diversi spunti interessanti: non abbiamo solo la storia della famiglia e dei loro disagi, ma anche una trama “gialla” sullo sfondo. Nel testo, infatti, ci troviamo davanti omicidi da risolvere (e, più in generale, delitti), misteri, fino ad un colpo di scena davvero notevole.
I personaggi sono tutti molto approfonditi e analizzati con cura, con pregi e difetti e con motivazioni per le loro azioni; se questo può essere normale per i personaggi umani, il laovoro fatto con i cani è davvero interessante, come anche la contrapposizione tra le loro “scuole di pensiero”.
La struttura del romanzo è lineare ed è tutta un racconto: Prince all’inizio si trova dal veterinario e inizia a narrare la sua storia ad un altro animale prima di entrare, così il lettore potrà comprendere come sia finito lì. Tutta la narrazione è gestita con un crescendo di pathos, che di fatto è la crescita delle emozioni di Prince, dapprima più ingenuo e calmo, nel finale invece troppo coinvolto.
Lo stile è semplice, scorrevole, con poche descrizioni e molti dialoghi, cosa che rende la lettura rapida e mai noiosa. I temi trattati sono tanti, dai più semplici ai più complessi, tutti trattati con maturità ed empatia. Nonostante l’inizio allegro e frizzante, il finale è molto intenso emotivamente e, ammetto, mi ha fatta stare male.
In conclusione, un romanzo insolito, sia per il genere che per il tipo di struttura narrativa: lo consiglio agli appassionati di storie familiari e ai lettori che vogliono commuoversi… e ovviamente agli amanti dei cani.