“La mia devozione” di Julia Kerninon (Edizioni e/o) è stata una lettura davvero molto emozionante. Una storia che riesce a sorprendere quando sembra che sia già stato scritto tutto e che lascia un ricordo indelebile.
È un libro dall’intensità disarmante, “La mia devozione”. Un romanzo atipico nella forma, che potrebbe scoraggiare, ma io vi invito a non lasciarvelo sfuggire e a dargli una possibilità.
È Helen, in prima persona, a raccontarci la sua storia, in quello che è quasi del tutto un lungo monologo, un vero e proprio flusso di coscienza.
Una struttura narrativa che potrebbe risultare “pesante”, dato che mancano i dialoghi, eppure, le pagine scivolano via, sia perché i capitoli sono brevissimi, ma soprattutto perché lo stile dell’autrice è assolutamente magnetico, con punte di vera poesia.
Helen racconta, con estrema lucidità, la sua devozione, la sua ossessione, nei confronti di Frank, senza risparmiarsi nei giudizi critici e anche ammettendo alcuni errori di prospettiva. La racconta quando ha 80 anni e incontra Frank per caso, dopo 23 anni di separazione.
«Stavolta non parlerai, Frank» dice Helen. «Parlerò soltanto io. Ti racconterò tutta la nostra storia fin dall’inizio, perché anch’io ho bisogno di sentirla».
Una storia che ripercorre una vita intera, a ritroso, cominciando dal primo incontro. In teoria sarebbe difficile entrare in sintonia con Helen. Capire che significa crescere con i genitori che fanno finta di non vedere che i tuoi fratelli abusano di te, essere una bambina in mezzo alla menzogna, poi una donna che è a volte amante altre governante. Comprendere cosa occorre per fare un passo indietro; che sentimento spinge qualcuno a ritirarsi in un angolo pur di far risplendere qualcun altro.
Eppure l’autrice ce ne fornisce un ritratto perfetto, in tutte le sue sfaccettature, e non si può non sapere ogni cosa di Helen. Il suo essere diretta nel raccontarci la storia, a volte con distacco altre con passione, quasi ci fa sentire parte integrante di quella storia.
“Ero una mendicante dell’amore” dice Helen, che non potrebbe descriversi meglio di così. Si accontenta di qualsiasi ruolo, pur di averne uno, ma nel profondo rimarrà sempre scontenta, sempre livida di rabbia. E questo astio la divorerà dall’interno, sebbene lei dica di aver vissuto anni felici. Non so se crederle fino in fondo.
Qual era il punto di riferimento della mia nostalgia?
A descriverla perfettamente sarà anche il suo ex marito, Günther, nella lettera che le scrive dopo che lei lo ha lasciato.
E in mezzo al suo racconto, conosciamo anche Frank. Eppure… chi può dire quanto sia onesta Helen nel descriverlo? In alcuni momenti sì, in altri l’ho trovata così umana, da dubitare del suo punto di vista, imbrigliato in mezzo a tutte le parole che non è mai riuscita a dirgli.
Infatti, in più di un’occasione mi sono chiesta: e Frank? Come l’avrebbe raccontata questa storia? Come ci avrebbe descritto Helen? Forse non sarebbe stato capace per via del suo egoismo e della sua mancanza di tatto. Oppure avrebbe saputo dire tutto nel dettaglio, imprimendo ogni particolare come faceva nelle sue tele?
La loro storia è fatta di incontri, di pause, di viaggi, di legami. Verso la fine, il romanzo prende una piega del tutto inaspettata e diventa ancora una volta sorprendente, oltre che lacerante. E il distacco rimane l’unica cosa da fare.
Ne “La mia devozione” Julia Kerninon ci regala uno dei personaggi più veri e autentici che io abbia mai incontrato da lettrice. Il suo stile mi ha conquistata, la sua scelta delle parole risulta impeccabile pagina dopo pagina. Davvero straordinario.