Questa non è la semplice storia delle tre Red Girls protagoniste del libro ma la storia sociale del Giappone del Secondo Dopoguerra raccontata attraverso la voce della più giovane donna della famiglia Akakuchiba, Tōko.
La narratrice, infatti, ripercorrendo le vite della nonna, della mamma e infine la sua, ci parla della “rivoluzione industriale” giapponese, dei processi di omologazione e occidentalizzazione che si accentuarono durante la Guerra Fredda, portando allo svuotamento dei villaggi e alla polarizzazione della ricchezza.
Se la maggioranza delle persone riuscì ad affrontare questi cambiamenti restando al passo con i tempi, qualcun altro restò indietro e fece fatica ad accettare la nuova società che si veniva delineando.
Il libro è diviso in tre parti tante quante sono le protagoniste della storia.
Nella prima ho ritrovato il realismo magico che accomuna tanti altri scrittori giapponesi, magica è infatti la prima protagonista con il suo dono della preveggenza, Man’yō. Magico è anche quel periodo della storia del Giappone in cui la cultura occidentale non si era ancora imposta come dominante. Conclusasi quest’epoca, comincia la seconda parte, caratterizzata dagli accadimenti economici e politici del Giappone degli anni ’60 e ’70, periodo di manifestazioni, ribellioni, guerre e crisi.
È Kemari, figlia di Man’yō a dominare la scena, con la sua vita scatenata e senza regole; una donna forte e indipendente che faticherà a trovare il suo posto nel mondo.
La terza e ultima parte, in cui la narratrice parla in prima persona, è un mini-giallo in cui Tōko, appunto, cercando di risolvere il mistero che riguarda la nonna, riallaccia tutti i fili e conclude l’epopea della famiglia Akakuchiba, raccogliendone l’eredità e proiettandosi verso il futuro.