Povero August Emmerich, il destino sembra proprio avercela con lui. Non sono bastati gli anni di orfanotrofio e la ferita alla gamba che si è procurato in guerra. Ora gli tocca anche battere a macchina rapporti, sistemare fascicoli, sbrigare commissioni. Un lavoro da idioti che l'ispettore divide con il suo fedele assistente Winter. Perché a differenza di Horvath, che lo aveva promosso, il nuovo capo della sezione omicidi, Albrecht Gonska pensa che lui sia solo uno storpio bastian contrario e l'altro un rammollito. Ma a Alex Beer (pseudonimo della scrittrice austriaca Daniela Larcher) basterà solo una settimana per dimostrare il contrario regalando ai numerosissimi e fedeli lettori un nuovo affascinante poliziesco, La donna in rosso, nella scorrevole versione di Silvia Manfredo.
Una vicenda incalzante racchiusa in una manciata di giorni e ambientata anche stavolta a Vienna, come il bestseller d'esordio, Il secondo cavaliere, all'indomani del primo conflitto mondiale nel marzo del 1920. La città è talmente presente che ne diventa quasi protagonista e si fatica a star dietro a quella furia di Emmerich inghiottito da studi cinematografici, carceri, locande, bassifondi per boxeur, musei e palazzi signorili di politici intrallazzoni e reazionari. E qui la Beer non gioca sempre di fantasia, ma ci porta in locali come il Rote Bretze dove si esibivano cantanti folk o il Chatam Bar realmente esistiti, così come il museo di storia militare o il pensionato maschile nella Meldemannstrasse in cui il povero ispettore, all'insaputa di tutti, si è ridotto a vivere. In quella capitale dove regnano fame e miseria anche Emmerich non se la passa bene e fatica a ritrovare la propria strada pur con l'aiuto del premuroso Winter.
Ma poi ecco il colpo di fortuna: risolve il caso della giovane attrice Rita Haidrich che si sentiva minacciata, e ottiene così da Gonska il permesso di svolgere segretamente per pochi giorni indagini sull'omicidio del consigliere comunale Richard Furst, su cui già lavora l'odioso ispettore superiore Bruhl.
Di mezzo c'è il progetto di un ospizio, una sorta di casa per matti da costruire in una radura davanti al bosco di Laa vicino al Danubio dove vivono originali personaggi circensi. Come la piccola inafferrabile Zuzana, figlia di una donna barbuta e di un maciste, che avrà più tardi un ruolo essenziale nella vicenda. E sulla scena si avvicendano figure diversissime: dalla vedova di Furst alla sua amante Helene Dobrensky, cantante in una locanda di terz'ordine, da Max Liebenthal, che frequenta le terme romane, all'operaio di una fornace Isidor Kofler. E poi una serie di individui di tutt'altro livello: il direttore del museo di storia militare - Castolowitz, il consigliere Volzere il dottor Bahrfeldt appartenenti a una strana associazione, la Misericordiae Nuntius, il cui simbolo è una dama in rosso che sorregge una spada. Il loro scopo è di ripulire la società austriaca da tutti i deboli e gli indegni: i malati, i minorati, i drogati, i nevrotici di guerra, quelli che Furst e la sua amica Abele, anch'essa vittima predestinata, volevano aiutare. Mentre i membri della setta degli «eliminatori» sono per un «popolo sano» pronto a ridare slancio alla patria in vista di una nuova, prossima guerra. Ma la vicenda è tutt'altro che lineare e i colpi di scena non si contano.
Alex Beer costruisce una trama complessa e incalzante che svia il lettore verso sempre nuove prospettive e imprevedibili esiti. Emmerich ancora una volta mostra il folle coraggio di chi mette a repentaglio se stesso pur di non venir meno al suo innato senso di giustizia. Per questo lui e Winter finiranno a terra colpiti da un paio di proiettili. Morti? Sarà il lettore a scoprirlo. E questo è l'ultimo, il più clamoroso colpo di scena. Non certo un requiem per i nostri due incrollabili eroi alle prese con un mondo senza speranza.