Non ho letto il libro di esordio di Maurizio Fiorino, "Amodio", una storia di omosessualità e 'ndrangheta che mi dicono molto bella, ma che onestamente ho paura di affrontare.
"Ora che sono nato" mi aveva invece dato l'idea di una di quelle commedie tragicomiche che talvolta, soprattutto al cinema, fanno passare quelle due ore serene di cui ogni tanto si ha molto bisogno.
Visto lo stato psicoemotivo in cui versavo prima delle vacanze sentivo che sarebbe stata una lettura giusta per distrarmi un po' e ci avevo azzeccato in pieno.
La storia, da un certo punto, di vista è abbastanza simile a "Più veloce dell'ombra" di Federica Tuzi edita da Fandango edizioni un paio di anni fa.
In entrambi i casi il protagonista è un ragazzino (nel primo caso una ragazzina/ragazzin*) con questioni lgbt in via di definizione e una famiglia ricca di folli manie alle spalle.
Il protagonista di "Ora che sono nato" è il piccolo Fortunato, terzogenito di una coppia che non fa altro che stuzzicarsi e pizzicarsi in una versione malata della coppia in cui si battibecca per ogni minimo motivo, insofferenti a qualsiasi cosa, pure all'aria che l'altro respira.
Fortunato è convinto, da molteplici foto e racconti, che prima del suo arrivo la sua famiglia fosse spensierata e felice, e si sente la classica persona nata nella famiglia sbagliata.
Ogni tanto succede che, come si dice dalle mie parti, qualcuno "dirazzi" ossia esca dalla razza (intesa come famiglia).
Può capitare che uno si sposi e poi i figli siamo più caratterialmente simile all'altra metà della mela lasciandoti solo soletto sulla tua sponda o, più frequentemente, può succedere che i figli non ci azzecchino assolutamente nulla coi propri genitori nonostante accurati anni di educazione mirata in merito.
Fortunato è così, non somiglia né ai suoi genitori né a suo fratello né a sua sorella. Suo padre è un fornaio frustrato con sogni di gloria che non riesce a portare avanti, sua madre si lamenta perennemente del marito che non riesce a portare avanti sogni di gloria, sua sorella è una bugiarda patologica e suo fratello è semplicemente un cretino.
Ce n'è in abbondanza perché il libro racconti la tragica adolescenza di un ragazzino nella provincia calabrese.
Invece c'è una variante: il ragazzino oscuramente capisce di essere gay. Poiché è giunta l'ora di dare una notizia: i gay non nascono adulti, ma hanno un'infanzia. Non diventano gay a causa di influssi malvagi provenienti da Madonna, vestiti rosa e ballo di sala, ma, semplicemente, sono così dalla nascita. Negarlo gli rende solo la vita più complicata.
Esattamente come succede a Fortunato detto Nato che affronta la sua non facile situazione (familiare e personale) in un tripudio di delirio comico. Premio a uno dei best capitoli dell'anno al momento in cui lui, decenne, e sua madre, preda di mistica follia, partono per un pellegrinaggio verso una delle Disneyland del cattolicesimo: Pietralcina.
Grazioso, io avrei allungato un po' il brodo perché è davvero piacevole da leggere. Per le sere d'estate un po' leggere.