Prima di poter parlare del libro è necessario fare una breve premessa sull'autore: Leo Perutz è stato uno scrittore vissuto tra la fine dell'800 e la prima metà del '900, contemporaneo di Franz Kafka, come lui praghese e di religione ebraica. Rispetto a Kafka però, Perutz gode certamente di una minore fama ed io infatti l'ho scoperto casualmente, dopo un viaggio a Praga, cercando libri che mi facessero rivivere la magia di questa splendida città. Solo di recente le sue opere hanno cominciato ad essere ripubblicate, quasi tutte da Adelphi, ad eccezione di questo libro edito E/O.
Di notte sotto il ponte di pietra è una raccolta di racconti ambientati a Praga all'epoca di Rodolfo Il (all'incirca fine 1500) legati fra loro non solo dalla presenza dell'imperatore, ma anche da intrecci che legano i personaggi e si disvelano lentamente durante tutto il corso del libro. Il libro non ha un vero protagonista, ma il personaggio principale è sicuramente Rodolfo II: si tratta di una figura ambigua, un imperatore poco ragionevole ed appassionato d'arte, che spende tutti i soldi pubblici in opere costosissime da mettere nel castello, ricoprendosi così di debiti che non sa come ripagare e che si innamora follemente di una donna ebrea, per di più sposata, incontrata un giorno passando nel ghetto. Due sono le caratteristiche del romanzo che mi hanno colpita maggiormente: innanzitutto la forte presenza della tradizione e cultura ebraica che è una costante di tutto il libro. Viene raccontata la netta divisione sociale fra chi era di religione ebraica e i cattolici (gli ebrei potevano ad esempio commerciare solo con altri ebrei all'interno del ghetto). Inoltre ho trovato molto interessanti le descrizioni del ghetto di Praga e del cimitero ebraico, luogo ancora esistente, visitabile dai turisti, ed estremamente suggestivo: le lapidi sono a punta e sono ammassate praticamente una sopra l'altra arrivando a creare quasi degli strati. Altro aspetto interessante del libro è la presenza di elementi fantastici (molti dei quali attinti dalla tradizione ebraica) accostati ad elementi reali: si tratta di una caratteristica ricorrente in quasi tutti i romanzi di Perutz, che però non va secondo me a rovinare l'ambientazione, anzi ho apprezzato particolarmente l'utilizzo di elementi magici e misteriosi nel libro perché si intonano perfettamente all'atmosfera che si respira per le strade di Praga, non a caso chiamata città delle cento torri. La scrittura di Perutz mi è piaciuta, così come anche l'intreccio creato, che non è per nulla banale. Sono rimasta molto stupita dal fatto che questo scrittore, nonostante sia stato prolifico e a suo tempo molto apprezzato dalla critica, sia oggi quasi sconosciuto.