••••• Molti celebri scrittori per l'infanzia non hanno avuto figli propri o una vita familiare convenzionale. Lewis Carroll, scapolo per tutta la vita, era legato alla bambina che ha ispirato Alice in modi che hanno fatto alzare il sopracciglio a molti. A questa tradizione di scrittori per bambini senza bambini appartiene anche Dare Wright, autrice di La bambola solitaria, pubblicato nel i957, che ha suscitato un vasto seguito di cultori e dato vita a molti sequel. Come Carroll, Wright era una fotografa, e oltre a illustrare le sue storie ha lasciato molti autoritratti che rimandano un'immagine lucida e perfetta, l'epitome del glamour. Nella vita reale, però, Wright era un disastro: una donna gelida e infelice intrappolata in una relazione soffocante con la mostruosa madre, con la quale dormiva, finché la donna morì nel i975. Jean Nathan esplora l'attrito tra la facciata luccicante di Wright e la sua interiorità turbolenta nel suo primo libro, una biografia accuratissima e scritta con grazia. Secondo Nathan, La bambola solitaria è una rielaborazione metaforica dell'infanzia tormentata di Wright e del rapporto con la madre Edith Stevenson Wright. Non dovrebbe quindi sorprendere il fatto che la protagonista del libro di Wright sia Edith una, una bambola che ha il nome di sua madre ma che è ispirata a se stessa. Abbandonata e senza compagni di gioco, Edith è salvata da due orsacchiotti (il fratello e il padre di Wright, entrambi assenti) Nei diversi sequel, Wright perfezionò la bambola Edith in modo che apparisse più umana e anche stranamente sexy. Wright stessa irradiava una simile sensualità, ma teneva alla larga gli uomini. E la sua sessualità repressa venne fuori nei suoi libri. L'interpretazione di Nathan è molto meditata e perfino commovente.