Lena Andersson è una nota giornalista, intellettuale, romanziera svedese, di cui la E/O ha pubblicato il precedente romanzo, Sottomissione volontaria. Ora la scrittrice torna con la stessa protagonista, la trentasettenne Ester Nilsson, e la storia della poetessa, saggista e autrice teatrale riprende dopo cinque anni dalla rottura del precedente rapporto con l’artista narcisista Hugo con Senza responsabilità personale.
Ester ora sta scrivendo, pubblicando, e si cimenta anche nella scrittura teatrale. Proprio durante la lettura del copione del suo nuovo lavoro, incontra uno degli attori protagonisti della pièce, Olof Stern. Un uomo fascinoso, gradevole, interessante agli occhi della giovane donna che ne è fortemente attratta, anzi presumibilmente se ne innamora.
Olof è sposato con Ebba, un medico, figlia di un importante artista svedese, e in tutte le pagine del lungo romanzo è chiaro al lettore che non intende separarsi dalla moglie, mentre Ester è convinta che, ricambiando l’amore e la dedizione di lei, prima o poi lui si deciderà a farlo. La scrittura di Lena Andersson è fortemente coinvolgente: veniamo immessi in questo gorgo di passione assoluta, di dedizione totale all’uomo che ai nostri occhi non merita nulla, tali sono le sue indecisioni, finzioni, imbrogli emotivi e ostacoli veri e presunti che lo separano da Ester.
Lei è totalmente vittima delle sue convinzioni: siccome Olof è attratto da lei, dal suo corpo e dal suo cervello, il loro rapporto sessuale è soddisfacente, la loro voglia di condividere esperienze e pensieri è evidente, dato che la conclusione inevitabile è che loro due vivano insieme in una convivenza tradizionale, Ester non riesce ad accettare i continui ripensamenti di lui, il continuo dare e riprendere, concedersi e ritirarsi, illudendosi invece che la conclusione sarà nella direzione che lei sogna.
Un romanzo durissimo, che ci porta dentro le contraddizioni, i sensi di colpa, lo sdoppiamento che quasi antropologicamente si ripropone nei rapporti a tre, moglie, marito, amante, in tutte le società e a tutte le latitudini. Vediamo con angoscia, con gli occhi delle sue più razionali e lucide amiche, l’abisso psicologico in cui Ester si sprofonda, sicura di raggiungere il suo obiettivo, l’uomo che crede di amare e senza il quale non riesce quasi a respirare, condannata ad una apnea insana, in attesa che lui ricompaia al suo fianco. Una sorta di masochismo al quale Ester si autocondanna, in attesa di Olof, personaggio odioso, ambivalente, egoista, insicuro, narcisista, tutte caratteristiche che lei ben conosce per averle di volta in volta sperimentate, ma convinta che alla fine l’amore per lei possa prevalere sul matrimonio con Ebba, che lei ritiene noioso, convenzionale, in via di esaurimento.
Le pagine finali del libro sono una sorta di epifania, nella quale vengono fatti i conti finali con tutta la dolorosa vicenda, nella quale ognuna di noi donne potrà in parte identificarsi: la capacità di Lena Andersson è quella di scavare in profondità con un coltello acuminato, senza paura di ferire e di ferirsi, nelle pieghe più riposte del dramma amoroso, della paura della perdita, dei compromessi a cui ci si assoggetta pur di conservare l’oggetto amato, anche se questo fugge, delude, abbandona, riprende in un gioco perverso e ripetitivo.
«La precisione delle strategie che Olof metteva in atto per prendere le distanze era stupefacente. Gli esperti avrebbero dovuto affollarsi intorno a lui, penso Ester, - psicologi, sociologi, economisti, politici – per studiare l’archetipo dell’ambivalenza e la perfetta tecnica per allontanare e al tempo stesso trattenere, mai lasciare andare e mai lasciar accostare a sé».
Basta questa citazione a raccontare tutto il libro di Lena, il cui personaggio, Ester, guardiamo con pena ed empatia, con affetto ma anche con paura di cadere in una analoga trappola: e il pericolo sembra vicino.