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Nella guerra universale. “La perfezione del tiro” di Mathias Énard

Autore: Gaël Pernettaz
Testata: Sul Romanzo
Data: 9 gennaio 2019
URL: http://www.sulromanzo.it/blog/nella-guerra-universale-la-perfezione-del-tiro-di-mathias-enard

Quindici sono gli anni che ci ha messo La perfection du tir, primo libro di Mathias Énard, a essere tradotto e pubblicato in Italia. Dal 2003, anno in cui uscì in Francia, al 29 agosto scorso con l’edizione italiana presso la casa editrice e/o, nella traduzione di Yasmina Melaouah.

La perfezione del tiro non è l’opera prima di poco valore di un narratore che ha raggiunto il successo solo in seguito (culminando con la vittoria al Goncourt nel 2016 con Bussola), quanto piuttosto un primo passo necessario per conoscere uno degli autori più in voga oltralpe, in quanto microcosmo in cui sono racchiusi temi, atmosfere e riflessioni che costelleranno poi le opere successive.

Il protagonista non ha nome, di lui si sa solo che è un giovane cecchino dalla formidabile precisione. Allo stesso modo i luoghi e le persone che lo circondano. Nessun nome hanno la madre, il droghiere, la città e le sue vie, il mare sul cui litorale si passeggia la domenica o le montagne su cui si combatte. Siamo in un paese come tanti, una città qualunque: si potrebbe quasi immaginare che sia quella in cui viviamo noi se solo non sapessimo dalla prima riga che fra quelle strade, agli incroci, vicino alle chiese, ai mercati e sui tetti delle case si combatte una guerra. Un conflitto senza storia, che l’autore non approfondisce per nulla, come se fosse un dato di fatto, al pari del sole che sorge a Est tutte le mattine e tramonta a Occidente al crepuscolo.

La guerra, vera protagonista del racconto, con le sue facce multiformi, non è infatti descritta in alcun modo. Non si spiega come sia nata, chi combatte contro chi (la voce narrante attraverso tutte e 183 le pagine del romanzo definisce quelli contro cui combatte semplicemente come «quelli dell’altra parte», e una volta sola «il nemico») e perché. Nessun elemento contestuale è stato accuratamente fatto calare nel racconto: la guerra descritta è universale, potrebbe esplodere da un momento all’altro ovunque, senza motivo. Di questo sembra metterci in guardia Énard, esplicitandolo persino nelle prime pagine, con una frase che spiega tutto senza raccontare nulla: «La guerra era dappertutto e qualcuno doveva pur farla».

Una guerra sfondo e primo attore del romanzo dunque, dalle due facce. A volte infatti il conflitto è descritto in maniera troppo naïf e romantica, con gli occhi adolescenti del giovane protagonista che scandagliano la sua quotidianità con una malinconia più adatta a un poeta ottocentesco che non a un cinico soldato. Ne sono esempio le lunghe riflessioni, molto letterarie, che egli fa durante gli appostamenti sui tetti, solo con il suo fucile e le sue vittime.

Altre volte invece la patina letteraria svanisce al pari della figura dello scrittore e rimane solo più la pura guerra, con la sua scatologica brutalità e l’animalità di chi la compie, il protagonista in primis, come testimonia l’episodio in cui questi spara a un compagno solo perché infastidito dalla sua inettitudine, o quello in cui con un amico catturano due soldati nemici; uno dei momenti più crudi del racconto.

Il conflitto è universale e niente ha un nome, come detto in precedenza. Il privilegio onomastico è però concesso a due persone nel libro. Due sole persone, ma di centrale importanza.

Zak è il migliore amico del protagonista, come lui giovane e come lui soldato; sebbene meno abile con le armi, compensa questa mancanza con un sadismo fuori dal comune. Zak rappresenta il lato cinico della guerra ma è pure specchio del protagonista, che in lui vede il suo riflesso e comprende come la realtà precedente, quella in cui battersi era un gioco per grandi e parteciparvi era emozionante e affascinante, sia perduta. Negli occhi di Zak è nascosta la verità: il passato è irrecuperabile e a loro non resta che l’animale brutalità di quanto sono diventati.

Il lato infantile e romantico della guerra invece si rispecchia in Myrna, il secondo nome del racconto. Myrna è una ragazza di quindici anni, poco più che bambina, che si occupa della madre del protagonista non più capace di badare a se stessa.

A lei si lega il lato romantico e ingenuo del romanzo soprattutto perché in sua presenza il protagonista cade in disperate riflessioni sulla sua vita, incrinando le certezze che il conflitto armato aveva forgiato in lui. L’attrazione che essa suscita (molto più materna che carnale), infatti, nasce dalla metodica tranquillità con cui si occupa della casa, pulisce e garantisce un pasto caldo a ogni ora del giorno. Con lei è possibile passare il pomeriggio in riva al mare e poi andare al cinema, come se la guerra non sia alla porta, pronta a bussare. Myrna è l’ultima speranza di un nido in un mondo in rovina.

La storia insegna però che non si può ritornare a un edenico passato, in cui il male era lontano oppure era visto come un gioco. Così l’ingenuità persa non si recupera, e i tentativi di legarsi a Myrna da parte del protagonista presto sfumano in un barbaro sfoggio di violenza e forza, l’unico modo in cui egli è ormai in grado di esprimere un’emozione.

Mathias Énard scandaglia con questo libro il tema della guerra da una prospettiva originale ma diretta, passando per occhi, emozioni e sentimenti di chi la sta vivendo. Sebbene talvolta l’autore cada in una descrizione edulcorata e troppo letteraria del mondo bellico, l’indubbio valore di questa prima prova dello scrittore francese sta appunto nello iato apparente fra i pensieri puri e ingenui di un bambino di vent’anni che vive in maniera problematica la sua realtà di combattente e i suoi atti, cinici e spesso sadici, sempre prepotenti, con cui affronta il mondo.

La perfezione del tiro si presenta così come la testimonianza da un mondo crudele e inesorabile, dove chi cerca di sfuggire o di non giocare secondo le sue regole è destinato al fallimento. Una storia di inaspettata profondità e al contempo godibile per chiunque, anche per chi, basandosi sulla quarta di copertina, si aspettava solo un racconto di guerra.