La guerra, la maledetta guerra che tutto distrugge. Case, edifici, strade e ponti… l’anima di chi combatte. Giorni e giorni di scontri, di colpi di mortaio, di bombe e raffiche di mitra, fino a non ricordarsi più per cosa si sta combattendo. L’autore non specifica dove si svolge, è una delle tante guerre mediorientali.
Ci parla di un giovane guerrigliero che ha dovuto imbracciare il fucile forse troppo presto, dicendo addio alla sua giovinezza anzitempo e per sempre. Non conosce l’amore, non conosce la dolcezza o il conforto della famiglia, conosce solo la guerra. È pronto a sparare, sta tutto nella concentrazione, nel trattenere il respiro, nella pazienza. Click. Il cecchino ha colpito ancora. Freddo.
Incorruttibile e impassibile. È fiero di sé, della sua tecnica, del timore e del rispetto che incute negli altri, della paura che legge negli occhi della sua vittima, uomo, donna o bambino che sia. Fino a quando non entra Myrna nella sua vita, ad accudire la madre malata, la madre che gli scontri hanno fatto impazzire.
Cerca di contrastare questa nuova passione perché sa che è pericoloso. Sa che certi pensieri “sono quelli che rendono romantico e ti fanno fare una cazzata”. Tuttavia si lascia andare, solo vicino a lei ritrova la serenità e riesce a scordare per un po’ gli orrori che vede, e provoca, ogni singolo giorno della sua vita.
Ma non sa amare, non sa tornare a essere un normale ragazzo della sua età, la rabbia prende spesso il sopravvento, una rabbia cieca e spesso immotivata. Ormai conosce solo la violenza, a quella è abituato, e tutto il bello può trasformarsi in tragedia. È la guerra che genera mostri, non il contrario.
Enard è una grande autore, secondo me. In poche parole riesce a tratteggiare i profondi contrasti interiori di un uomo unendo brutalità e poesia in modo magistrale.