Michel Bussi nei suoi precedenti romanzi ci ha abituato ai fulminei cambi di scenario, ai colpi di teatro, alla sorpresa che coglie il lettore man mano che i suoi thriller procedono nelle storie complicate, ma sempre ottimamente confezionate, capaci di legare alla pagina anche i lettori più smaliziati.
Questo suo ultimo romanzo, Il quaderno rosso, ha qualcosa in più, che ho molto apprezzato.
In un’Europa divisa, frammentata, nella quale il problema della immigrazione soprattutto dall’Africa sta dilaniando intere società democratiche, dando spazio a populismi, razzismi scomposti, muri e fili spinati, ecco che un romanziere francese, il giallista più venduto nel suo paese, dedica la sua attenzione al rapporto tra la Francia e gli immigrati, con le contraddizioni che questa situazione sta creando anche nella società francese apparentemente più accogliente ed avanzata.
Il romanzo si svolge prevalentemente nei quartieri popolari di Marsiglia, sul Mediterraneo, luogo simbolico degli sbarchi, dei naufragi, dei salvataggi, delle operazioni che l’agenzia internazionale Frontex dovrebbe affrontare.
Non dirò nulla della trama di questo romanzo importante, che ha per protagonisti una famiglia di Maliani, Leyli Maal, i suoi tre figli, Bambi, Alpha, Tidiane, e le straordinarie avventure che vivono nel tentativo di Leyli di ottenere dal governo francese una stabilità come lavoratrice e come cittadina. I delitti misteriosi che avvengono nelle camere di un albergo di catena sono indagati dal poliziotto Petar Velika, aiutato dal giovane ed intuitivo Julo Flores, il vero eroe della storia.
C’è molto sangue, vendetta, storie del passato che descrivono la violenza a cui sono stati sottoposti i popoli africani in cerca di riscatto in Europa, c’è volontà di vendetta, c’è, soprattutto da parte dei francesi, una grande ambiguità nell’accoglienza dei cittadini delle ex colonie francesi. Nei suoi tentativi di ottenere una vita dignitosa e il permesso di vivere nella legalità, la ancora bellissima e colorata Leyli si sfoga con un amico:
Tre anni a sopportare umiliazioni, battute di caccia al clandestino, fregature, ricatti, schiavitù, ma tenevo duro perché mese dopo mese accumulavo semestri. Accettavo perfino di lavorare gratis pur di avere il pezzo di carta. Alla fine ho capito che era questo il motivo per cui lo Stato ci lasciava in pace: noi invisibili paghiamo le tasse, consumiamo, ci pieghiamo a tutti doveri come gli altri cittadini e non pretendiamo il minimo diritto.
L’immigrazione clandestina, i guadagni illeciti sulla pelle dei migranti, le connivenze con le stesse autorità, i drammi dei richiedenti asilo mentre le amministrazioni come in un gioco di prestigio “fanno girare in tondo i richiedenti all’infinito, sportello A, sportello B, sportello C, uffici per gli alloggi popolari,comune, prefettura, ufficio immigrazione e integrazione, ognuno aggrappato ai propri moduli, ottenebrato dalle caselle da riempire”, vengono raccontate da Bussi con linguaggio forte e decisa voglia di denuncia politica.
Romanzo giallo che affronta con coraggio i problemi drammatici del nostro tempo, mostrandoci uno spaccato della Francia che viene dalla Grande Rivoluzione altamente inquietante. Ci specchiamo nella storia dei personaggi neri che vengono dal centro dell’Africa, che arrivano in Marocco, pronti ad attraversare quel tratto di mare che li porterà in salvo, per giungere in un altro semi inferno, dove i bianchi civili francesi accoglienti torneranno ad essere i loro persecutori. Bussi con questo “Quaderno rosso” pieno di segreti terribili nelle mani della sua protagonista ci consegna un’immagine dell’Europa che non vorremmo vedere, anche se da noi e non solo si stanno manifestando idee ed atteggiamenti ancora peggiori.