“Qualcuno, con la grafia incerta dell’adulto che non ha terminato le elementari, vi aveva scritto sopra una frase apparentemente senza senso, senza lasciare spazio tra le parole: Mangiabarche“
Ho divorato questo romanzo in poco più di un giorno nel luogo forse ideale per la sua lettura: in riva al mare. Potrei anche aggiungere bevendo calvados, come il protagonista della storia, sarebbe magnifico, ma vi direi una bugia. Il mistero di Mangiabarche, pubblicato nel 1997, è il secondo capitolo della fortunata serie dell’Alligatore di Massimo Carlotto. Per chi non ha ancora fatto conoscenza del personaggio, l’Alligatore è Marco Buratti, un ex cantante di blues che per un errore giudiziario ha scontato una condanna di sette anni in carcere con l’accusa di terrorismo. Oggi Buratti si guadagna da vivere come investigatore privato senza licenza, al soldo di avvocati penalisti perlopiù padovani. In questo episodio, l’Alligatore lo ritroviamo in Sardegna dopo un giro lungo e tortuoso: in fuga da Padova verso la Corsica, poi di nuovo in Italia via Marsiglia. La sua fama di detective ormai va ben oltre il nordest; attento, arguto, nelle note caratteristiche di Buratti c’è scritto che è un investigatore assolutamente fidato e scrupoloso, nonostante il vizio del bere. Un anziano avvocato di Cagliari lo ha ingaggiato per scoprire chi è stato ad incastrare altri tre avvocati, accusati e condannati ingiustamente per traffico di droga e per l’omicidio di un loro collega, che non è morto. Il caso è complicato, rischioso, giri di cocaina, intrighi di liberi professionisti in combutta con pezzi di servizi segreti deviati che ruotano intorno a una base Nato. Buratti deve cautelarsi e il modo migliore per farlo è farsi aiutare dall’amico Beniamino Rossini, il malavitoso romantico che ha conosciuto in galera, il suo braccio armato. Ai due si aggiunge un delinquente del posto, cagliaritano doc, dal nome divertente “Marlon Brundu”. Il mistero di Mangiabarche si infittisce e porta l’Alligatore a uno scontro senza precedenti con una banda di avvocati corrotti e di trafficanti insospettabili. Il finale sulle scogliere dell’arcipelago sulcitano ha il sapore dei noir marsigliesi di Jean-Claude Izzo. Romantico, violento, malinconico, venato di blues. Come accade per ogni serie letteraria, da Maigret a Rocco Schiavone, i libri che Carlotto dedica al suo personaggio Buratti formano un solo grande romanzo, il romanzo dell’Alligatore, personaggio borderline al quale è facile affezionarsi perché in Buratti ritroviamo brandelli delle nostre vite, i silenzi, le inquietudini, la voglia di dimenticare un passato doloroso.