In caso doveste trovarvi nella condizione di voler acquistare in Inghilterra un bene di interesse storico, artistico o culturale, sappiate che il vil denaro non è tutto quello che vi occorre: se l’oggetto in questione è più antico di 50 anni è necessario seguire un iter burocratico e ottenere l’approvazione di una commissione speciale che potrebbe impedire l’espatrio di un artefatto ritenuto di interesse nazionale. Queste nozioni sono impresse nella mia memoria perché nel 2015 l’anello appartenuto a Jane Austen, acquistato a un’asta dalla vincitrice di American Idol, è stato sottoposto a un export ban. Il gioiello è rimasto in patria.
Jane Austen è un’autrice che amo intensamente, tutto quello che la riguarda suscita il mio interesse, stimola la mia curiosità, rinnova il mio affetto e appaga il desiderio di rafforzare la percezione di lei come una presenza attiva nella mia vita. Tendo a prendere sul personale questioni che la riguardano al punto da aver nutrito, per svariati anni, un pungente risentimento nei confronti di Cassandra Austen colpevole di aver distrutto gran parte della corrispondenza della sorella, ma adesso sono felice che lo abbia fatto, che abbia tutelato la volontà e la privacy dell’autrice: tutto ciò di cui ho davvero bisogno di Miss Austen è nei suoi libri ma, soprattutto, sono convinta che non esiste amore senza rispetto.
Questo lungo preambolo per dire che capisco perfettamente la spinta intellettuale ed emotiva che porta a desiderare una conoscenza approfondita di un autore o autrice che abbia segnato un lettore conquistandone attenzione e dedizione. Alcune storie, i loro personaggi, dialogano con i nostri sentimenti, si staccano dalla pagina scritta per entrare nella nostra quotidianità e non lasciarci più: da quel momento inizia una conversazione all’interno della quale il lettore spesso coinvolge altri lettori in uno scambio continuo di emozioni e riflessioni. Senz’altro è accaduto questo con Elena Ferrante e la quadrilogia dell’Amica Geniale, un caso editoriale clamoroso al punto da essere indicato negli USA con l’espressione “Ferrante Fever”.
Hillary Clinton ha ammesso di aver fatto le ore piccole più di una notte in compagnia dell’Amica Geniale nonostante fosse impegnata nelle presidenziali, il premio Pulitzer Elizabeth Strout è rapita dallo stile di Elena Ferrante, Jonhatan Frazer elegge un passaggio particolare dell’Amica Geniale quale uno dei 20 migliori momenti della sua carriera da lettore. Ann Goldstein, la traduttrice americana, si innamorò della scrittrice con I Giorni Dell’Abbandono a tal punto da inviare alla casa editrice non un singolo capitolo come prova di traduzione, ma direttamente l’intero libro. Da allora Goldstein traduce tutto di Elena Ferrante di cui è diventata non solo la voce americana, ma anche il volto, quasi un avatar, perché Elena Ferrante è lo pseudonimo che protegge l’anonimato della scrittrice.
Per quasi un ventennio nessuno ha saputo chi si celasse dietro il nom de plume, e per quasi un ventennio nessuno ha attivamente e caparbiamente cercato di individuarne l’identità nonostante nel corso del tempo si sono rincorse le voci che volevano dietro il nome Ferrante un uomo, un collettivo di autori, i proprietari della casa editrice e/o. Ma più di recente l’audacia dell’anonimato nell’epoca dei social, qui in Italia, è stata interpretata come un guanto di sfida raccolto dal giornalista investigativo Claudio Gatti.
Il documentario del 2017, Ferrante Fever, diretto da Giacomo Durzi è stato concepito come un mezzo per conoscere Elena Ferrante ma, per avvicinarsi all’autrice, sono state interpellate le sue opere, si è celebrata l’esperienza della lettura sia come atto intimo che come condivisione di una passione in grado di accendere tanto la sfera intellettuale quanto quella emotiva. Claudio Gatti si è mosso nella direzione opposta eliminando totalmente l’opera e affrontando la questione dell’identità come se si fosse trattato di dare la caccia a un evasore. La privacy è stata scambiata per mistero, la riservatezza per sfida, la legittima curiosità dei lettori per un’investitura a compiere una missione. Ma aver saputo il nome della persona che ha adottato lo pseudonimo di Elena Ferrante non ha reso l’autrice più raggiungibile, non l’ha resa più intima al suo pubblico, né ha fornito alla critica un qualsiasi strumento aggiuntivo per valutare le opere.
Quindi, chi è Elena Ferrante? Con una semplicità provocatoria possiamo rispondere: è una scrittrice. Per conoscerla non abbiamo che da leggere le sue opere e L’Amore Molesto, il suo primo libro pubblicato nel 1991 dalla casa editrice e/o (e riproposto quest’anno nella collana Le Cicogne), è l’ideale – e cronologico – punto di partenza.
Delia vive e lavora a Bologna da anni ma deve far ritorno a Napoli a causa della morte di sua madre Amalia. Il suicidio appare da subito sospetto e Delia viene contattata da un uomo attempato, di bell’aspetto e sfuggente che pare giocare con lei. Iniziare a indagare partendo dai tanti elementi dissonanti nella vicenda diventa un tutt’uno con il ricordare un’infanzia che Delia aveva lasciato nel momento in cui aveva abbandonato Napoli.
Ogni strada e incrocio di una Napoli soffocante, umida e lasciva, ogni espressione dialettale sortiscono l’effetto di una madeleine e Delia inizia a ricordare dapprima suo malgrado, poi per necessità nel tentativo di ricostruire la vita di sua madre e collocare in modo logico indizi e discriminare tra congetture e fatti. In quella che è a tutti gli effetti un’indagine degna di un giallo, il mistero più affascinante è Amalia così come emerge dai ricordi di Delia: una donna sensuale, sempre presente ma quasi inafferrabile, oggetto di passioni violente e accese gelosie, concupita dagli sguardi degli sconosciuti che con gli occhi la frugavano dappertutto. Ma anche Delia finalmente ricorda di aver cercato, come quegli uomini, di far sua Amalia e l’unica strada che aveva trovato per possederla era stata quella della menzogna.
Per Delia richiamare alla mente significa tradurre un evento dal linguaggio del passato a quello del presente, e gli eventi dell’infanzia vengono recepiti con la consapevolezza propria dell’età adulta: la ricerca sulla verità degli ultimi giorni di Amalia permette a Delia di abbandonare ogni difesa e finalmente accettare sua madre, e la femminilità di cui era portatrice, come parte integrante di sé stessa.
L’Amore Molesto è un romanzo spesso crudo e violento, intriso di erotismo, miseria e sopraffazione, ma è soprattutto una grande storia d’amore passionale, sfregiata da incomprensioni, a tratti primordiale, forse la prima storia d’amore mai esistita: quella tra una madre e una figlia.
Note
Nel 1995 dal libro è stato tratto il film omonimo diretto da Mario Martone.
L’amica Geniale diventerà presto una serie tv prodotta da HBO e RAI e diretta da Saverio Costanzo.