Mathias Enard, vincitore del premio Goncourt 2015 con Bussola, ha scritto un piccolo gioiello denso di sentimenti e riflessioni uscito in Italia lo scorso ottobre. L’alcol e la nostalgia, pubblicato dalle Edizioni e/o nell’impeccabile traduzione dal francese di Yasmina Melaouah, è un lungo viaggio nella lande sterminate della Siberia, tra la neve e l’eco dei grandi narratori russi, su un treno che da Mosca avanza ineluttabile fino a Vladivostock.
A bordo, Mathias veglia sulla salma del suo migliore amico e rivale in amore, Vladimir. Lo riaccompagna a casa, per dargli una degna sepoltura nel suo paesino natale e con un monologo dai toni elegiaci ripercorre la loro amicizia e l’amore che li legava a Jeanne, donna amata da entrambi e ormai lontana. Jeanne persa nei fiumi dell’alcol e dell’oppio, Jeanne che si fa appendere a dei ganci di ferro in uno scantinato moscovita in cerca di emozioni forti e di un senso da dare a questa esistenza, Jeanne che prova a barattare il dolore dell’anima con quello del corpo.
I ricordi vengono scanditi dal ritmo del convoglio che si addentra sempre più nella taiga, si allontana dalla bohème della metropoli per ritrovarsi avvolto dal bianco delle betulle cariche di neve, in un pezzo di mondo che sembra dimenticato dall’era sovietica, immobile, congelato dal continuo susseguirsi degli inverni russi. Così Mathias, immerso in un flusso di coscienza a cui nessuno può più rispondere, destinato all’oblio del mondo e della storia, incede inesorabile in compagnia del corpo di Vladimir e di ricordi che fanno male, emblema della solitudine e dell’incomunicabilità individuale e umana. Alcol e nostalgia, per una vita mal riuscita, per i sogni infranti, per quel che è perduto e non si può ritrovare.
La morte di Vladimir segna la fine di un triangolo distruttivo eppure di una vitalità disperata quanto necessaria. Si intrecciano amore, sesso, droga e letteratura con l’intensità e la ferocia di cui sono capaci solo le amicizie di gioventù. Enard non poteva interpretare meglio lo spirito russo; come ci ricorda Cechov nell’esergo: “La famosa anima russa non esiste. Le uniche cose tangibili sono l’alcol, la nostalgia e la passione per le corse dei cavalli. Nient’altro, ve lo assicuro”.