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La forza dei ricordi e dei legami. “L’alcol e la nostalgia” di Mathias Enard

Autore: Francesco Borrasso
Testata: Sul romanzo
Data: 21 novembre 2017
URL: http://www.sulromanzo.it/blog/la-forza-dei-ricordi-e-dei-legami-l-alcol-e-la-nostalgia-di-mathias-enard

«Le ho dato un bacio sulla fronte, poi sugli occhi, abbiamo avuto un tremito. C’è stata come un’esplosione silenziosa, e me ne sono andato.»

L’amore e i ricordi, il peso della memoria che non spazza via niente. La nostra scatola nera delle emozioni, dove tutto accade e continua ad accadere, il luogo dove per sempre saremo vittima di quello che siamo stati. Ogni incontro ci cambia in qualche maniera, ogni contatto emozionale, che sia d’amore o di amicizia, finisce per modificarci irreversibilmente, a volte in punti talmente piccoli di noi stessi che non riusciamo nemmeno a rendercene conto. La vita alcune volte ci mette di fronte a delle scelte, e se ad ogni scelta scegliamo a cosa rinunciare e a cosa andare incontro, è altresì vero che spesso preferiamo restare immobili, rimandando o fermando nel tempo ogni tipo di decisione, per la paura di prendere la strada sbagliata. Ma non esistono percorsi errati, esiste solamente il posto che dobbiamo raggiungere.

Ad accompagnarci nel mare di sentieri che scegliamo o non scegliamo di percorrere sono sempre le fasi sentimentali, i legami che riescono a farci percepire ogni sfumatura dell’esistenza, e che contribuiscono a direzionarci verso il nostro futuro. Se spesso si pensa che il futuro sia una serie di momenti del presente, si può asserire che il “domani” è solamente un altro modo di percepire lo scorrere dell’esistenza. I sentimenti ci spingono ad oltrepassare i confini, e verso la fine, l’unica guerra in cui ci saremmo trovati coinvolti, sarà sempre e solo quella con noi stessi.

Mathias Enard è nato a Niort nel 1972, L’alcol e la nostalgia è il suo ultimo romanzo, portato in Italia da e/o edizioni, con la traduzione di Yasmina Melaouah.

Ci troviamo inizialmente in Russia, Mathias giunge a Mosca, per incontrare Jeanne, la sua donna passata di cui conserva ancora intatto l’amore; e Vladimir, suo grande amico e rivale sentimentale; ma di Vladimir incontra solamente un corpo senza vita, e una volta giunto in Russia, Mathias prende un treno, in compagnia del cadavere di Vladimir, per accompagnare l’amico in un lungo viaggio verso casa: la Siberia.

«A casa nostra, nei dodici mesi in cui abbiamo abitato tutti e tre insieme, nella nostra amicizia feroce di amore sotto mentite spoglia, nella follia di quei dodici mesi finchè non ho deciso di tornare in Francia, perché ormai a Mosca di eroina e oppio a buon mercato se ne trovava sempre meno».

E così Mathias, che custodisce il sogno di diventare uno scrittore, durante questo lungo viaggio in uno scompartimento treno, di fianco al corpo senza vita del suo amico, ripercorre la strada dei suoi ricordi, lastricata di buche, di ferite, di sorrisi e momenti idilliaci. Facendo riferimenti continui ai suoi scrittori preferiti, e scontrandosi con l’impossibilità di scrivere come loro, viene fuori la sua inesorabile frustrazione, il suo legame con Vladimir, il suo amore mai assopito per Jeanne, le sue dipendenze dall’alcol e dalla droga, e la sua voglia di raccontare la vita. E mentre il viaggio prosegue, Mathias ci racconta di distese di ghiaccio, di deportati appartenuti ad un tempo passato, di guerre nel mondo fuori e nel suo mondo interiore, di laghi, fiumi e passione.

«…di ritrovare una libertà che in realtà non avevo mai conosciuto, se non nei libri, nei libri che per un adolescente sono ben più pericolosi delle armi, poiché avevano scavato in me desideri impossibili da realizzare.»

La scrittura di Enard è molto pulita, ci troviamo davanti a frasi compatte e a lunghi periodi senza intervalli. Gli ambienti ci rimandano al caos di Mosca, alla vita di strada parigina, agli angoli bui delle strade ghiacciate, ai bar, al fumo delle sigarette, ai buchi nelle braccia, e al sesso, all’amore.

Lo scrittore ci racconta tutto con totale chiarezza, e a volte più che un romanzo, nel complesso ci appare come una conversazione, come un racconto a voce, con tutti i crismi di una storia narrata seguendo un flusso di pensiero continuo.

«Tutto è talmente fragile, talmente fragile, i ricordi, la felicità, le canzoni, gli abbracci, i desideri, bisogna per forza muoversi, prendere treni, andare di qua e di là, vagare per la Russia.»

Il romanzo ci conduce attraverso un viaggio, e i protagonisti sono sì i personaggi, ma anche, e non in maniera marginale, i paesaggi, le città con il loro carico di memoria, le luci dei locali, e la nebbia che affiora dopo ogni bicchiere di vodka.

Ci sono persone che non riusciremmo mai a dimenticare, amici con cui abbiamo mischiato l’anima; ci sono certi amori che iniziano in un luogo, in un giorno, in un’ora ferma, e finiscono, finiscono sempre, continuamente, sono lunghi addii, talmente lunghi da non finire mai. Per quanto possiamo sforzarci di dimenticare e di sostituire, alcune relazioni ci seguiranno e ci sentiremo sempre come sotto una persecuzione, e magari proveremmo a dimenticare, cercando altre compagnie, andando incontro ad altri percorsi, facendoci aiutare ad anestetizzare le emozioni mai cadute, da un bicchiere di birra, che possa magari renderci il cuore meno pesante.

«Potrei chiamare Jeanne e dirle mi dispiace, scusami o tutte le cazzate che la gente si dice, ma forse ha ragione, la gente, ho voglia di chiamare Jeanne solo per sentire la sua voce, per sentirla respirare, lontanissima, a Mosca, a quattromila chilometri da qui, lo conosco da così tanto tempo, da così tanto tempo lo conosco quel respiro, quell’esitazione di fronte a certe parole, di fronte alle parole d’amore, so che avremmo difficoltà a riagganciare, so che resteremmo in silenzio dopo i nostri addii silenziosi, per così tanto tempo ci siamo parlati di notte…»

Ed è sempre come far finta di morire, o come far finta che l’altro sia morto, come in un funerale privato, dove cerchiamo di camuffare la realtà, affinché la vita possa farci meno male.