Cosa c’entrano Monet e le sue ninfee con una bambina, una donna e un’anziana? E, soprattutto, qual è il legame tra le Ninfee, serie realizzata dal pittore francese, e un paio di omicidi? Ninfee nere, scritto dal giallista francese Michel Bussi ed edito da Edizioni E/O, è uno dei romanzi che mi ha accompagnato quest’estate.
«Tre donne vivevano in un paesino.
La prima era cattiva, la seconda bugiarda e la terza egoista.
Il paese aveva un grazioso nome da giardino: Giverny. […] Neanche avevano la stessa età. Proprio per niente. La prima aveva più di ottant’anni ed era vedova. O quasi. La seconda ne aveva trentasei e non aveva mai tradito il marito. Per il momento. La terza stava per compierne undici e tutti i ragazzi della scuola erano innamorati di lei. […] Insomma, avete capito. Erano tre persone molto diverse. Eppure avevano qualcosa in comune, una specie di segreto: tutte e tre sognavano di andarsene. […] La terza, la più giovane, si chiamava Fanette Morelle. La seconda si chiamava Stéphanie Dupain. La prima, la più vecchia, ero io».
La storia è narrata nell’arco di tredici giorni e si svolge a Giverny, un paesino della Normandia in cui Monet si trasferì per realizzare il suo sogno acquatico: dipingere le Ninfee. Dopo la sua morte, Giverny è inondata dai turisti che vogliono visitare personalmente i luoghi vissuti da Monet. La calma, già scossa dai turisti, scompare dopo il ritrovamento di Jérôme Morval, un medico molto ricco, amante dell’arte e conosciuto per i suoi continui tradimenti a danno della moglie. Il cadavere viene ritrovato in un ruscello, in tasca una cartolina che ritrae le Ninfee di Monet, uno studio in blu. Dietro due scritte: la prima scritta a macchina «UNDICI ANNI, BUON COMPLEANNO». La seconda, invece, è una sottile striscia di carta ritagliata e incollata sulla cartolina in cui compare un verso di una poesia Acconsento a che si instauri il delitto di sognare. Sarà compito dell’ispettore Laurenç Sérénac e dell’ispettore Sylvio Bénavides risolvere il caso.
Allo stesso tempo, Fanette cerca di dipingere il quadro della vita, suo obiettivo è quello di vincere un concorso e una borsa di studio per frequentare una scuola estera; la maestra Stéphanie cerca di collaborare alle indagini, mentre l’anziana signora, narratrice onnisciente, conosce la verità. Sa chi è l’assassino, ma preferisce continuare ad agire indisturbata: «Che devo fare? […] la domanda continua a ronzarmi in testa: che devo fare? Devo andare alla polizia? Devo dire tutto quello che so ai poliziotti del commissariato di Vernon? Magari lo prenderebbero per il delirio di una vecchia pazza. Forse è meglio stare zitta e aspettare. Qualche giorno, solo qualche giorno. Osservare, giocare al topolino curioso, tanto per vedere come evolvono gli eventi».
Oltre all’anziana signora e ai due ispettori, colui che a poco a poco avrà tutti gli indizi per risolvere il caso è proprio il lettore. Bussi riesce a intrecciare passato e presente, inserendo molte nozioni biografiche e storiche su Monet, gli impressionisti e la pittura dell’Ottocento e citando fatti di cronaca realmente accaduti. Inoltre, la maggior parte dei luoghi descritti sono veritiere. La trama si infittisce quando l’omicidio di Morval comincerà ad avere collegamenti con l’omicidio di un ragazzino, avvenuto a Giverny molti anni prima. Oltre al caso da risolvere, non mancano le relazioni tra i personaggi: l’amicizia tra Fanette e Paul, l’amore folle di Jacques Dupain nei confronti della moglie, l’attrazione tra quest’ultima e l’ispettore Sérénac, il rapporto tra Fanette e il suo mentore, James, un pittore americano che fa sia da maestro che da padre per la bambina che un padre non ce l’ha.
In una Giverny che è tutto tranne che tranquilla, Bussi ambienta un romanzo dalle tonalità scure e misteriose. Come se fosse un burattinaio, smuove i fili e lascia che i suoi fantocci vadano in scena, prendendosi gioco del lettore e scagliandolo in un vero e proprio quadro impressionista.