È la storia dell’incubo giudiziario che ha distrutto la vita un uomo e della sua famiglia “Si fermi qui”, il romanzo di Iain Levison uscito in Francia nel 2012, tradotto da Aurelia Di Meo e attualmente nelle librerie italiane per Edizioni E/O.
Il plot utilizzato dallo scrittore scozzese è spirato alla vicenda realmente accaduta di Richard Ricci, operaio arrestato per il rapimento e l’omicidio dell’adolescente Elisabeth Smart in uno dei più macroscopici errori giudiziari della storia legale statunitense. Il personaggio di Levison si chiama Jeffrey Sutton e fa il tassista, non l’operaio, vive a Dallas e non a Salt Lake City, ma è destinato a essere inghiottito dallo stesso incubo di Ricci.
Si parte con un viaggio in taxi che dall’aeroporto di Fort Worth raggiunge le strade di Westboro, sobborgo chic di Dallas, e si finisce in una sala interrogatori davanti agli agenti Dave e Ghigno Autoritario, poliziotti non esattamente ligi alle formalità investigative e ai diritti dell’indagato. In un crescendo kafkiano di domande ripetute centinaia di volte, soprusi, pressioni psicologiche e condizioni di vita al limite dell’umano Levison trasferisce progressivamente al lettore l’ansia e l’impotenza di Jeffrey Sutton davanti al Leviatano.
L’interrogatorio rappresenta solo l’inizio dello show malato che prosegue davanti alle telecamere dei telegiornali, nelle celle di un penitenziario di contea e poi nelle aule di tribunale, con una lacrima di speranza cristallizzata in sette parole: “Si chiarirà tutto. Ho fiducia nel sistema”. Jeffrey sarà costretto a comprendere in fretta che la speranza può diventare il peggior nemico tra le sbarre del braccio della morte, mentre guarda impotente la sua vita scivolare dalle dita di un avvocato d’ufficio che non crede nell’innocenza del cliente che gli siede davanti.
Grazie all’aiuto di un amico di carcere, il serial killer spietato chiamato Robert (ma che nessuno deve osare chiamare Bob), Jeffrey riesce lentamente ad aprire gli occhi sul sistema e si arrende al destino. Ma con un sarcasmo spietato, quando ogni porta sembra chiusa a tre mandate, la speranza riappare dietro le sembianze di un poliziotto di colore convinto dell’innocenza di Jeffrey Sutton.
Pagina dopo pagina le pieghe della storia rivelano freddamente le disfunzioni del sistema giuridico legale americano (ma non solo) e, soprattutto, dell’immagine allo zucchero che i mass media propinano quando si parla di forze dell’ordine: eroi senza colpa e senza macchia, sempre. Ma siamo proprio sicuri?
E poi il finale. Un vero pungo allo stomaco che spezza il fiato e le certezze, come solo un autore di prima classe è in grado di fare. “Si fermi qui” è un libro dalla bellezza tragica che si distingue per l’ironia cinica e la forza con cui scaraventa il lettore dentro un mondo di paradossi che purtroppo non è un racconto di Kafka. È la pura realtà.