Se non avete idea di chi sia Kate Tempest, avete solo l’imbarazzo della scelta per cominciare a farvene una. Poetessa, rapper, drammaturga, performer, Tempest (classe ’85) ha inciso due dischi – Everybody Down e Let Them Eat The Chaos (il primo nominato al Mercury Prize), pubblicato due raccolte di poesie – Brand New Ancients e Hold Your Own (aggiudicandosi il record di poeta più giovane ad aver mai vinto il Ted Hughes Award) e scritto svariate opere per il teatro, tra cui l’acclamatissima Wasted. Le sue performance fanno migliaia di visualizzazioni su youtube riscattando la poesia dal buco nero dell’anonimato o di una nicchia asfittica e regalandole quella versatilità per cui potete scegliere di apprezzarla sul palco del Royal Court (con tanto di sold out) come nella line-up del Primavera Sound di quest’anno.
Tempest rivendica un’ibridazione di influenze che vanno da Shakespeare, passando per William Blake e Samuel Beckett, fino ad arrivare al Wu-Tang Clan. Nel suo caso, la messa in crisi dei labili confini tra le forme espressive non ha quell’ansia prescrittiva da avanguardismo che spesso finisce per ingabbiare il linguaggio in modo ancora più coercitivo, piuttosto l’urgenza deflagrante di un flow in grado di raccontare in maniera potentissima la fluidità del contemporaneo. (...)