Spesso il giallo non è solo lo svelamento di un mistero, non è solo la storia di un intrigo che ci fa voltare le pagine con la brama di un amante. Il giallo è psicologia, comunità, ordinarietà consumata sul ciglio delle strade e perfetta planimetria di una città, che spesso diventa un carattere. Perché appunto, è impossibile non associare Sherlock Holmes a Londra, Maigret a Parigi o Fabio Montale a Marsiglia.
In Italia il giallo viene canonizzato nel 1929. Da allora effluvi di detective si sono sparpagliati nelle vie del Belpaese, con fortune e temperamenti diversi, ma tutti abbastanza italiani. O comunque abbastanza dentro quella città per raccontarne la storia, le contraddizioni, gli amori e i rancori di tutti i suoi abitanti, non solo degli assassini.
Un esempio è la Trieste del commissario Proteo Laurenti, di Veit Heinichen, luogo che si integra con i suoi personaggi. Per lo più Trieste diviene quel cuore d'Europa che batte a nord est, un po' italiana, un po' tedesca, un po' aristocratica, sempre in atmosfere da impero decaduto. Ed essendo il nostro Proteo salernitano, ciò che ne risulta è un perfetto incrocio tra il noir nordico e quello mediterraneo. Il pordenonese Alberto Garlini fa invece lavorare il suo piedipiatti a Parma (che è anche la città natia dell'autore). Va detto che Saul Lovisoni si infila perfettamente nelle nebbie della bassa, nei misteri delle famiglie più altolocate, d'altra parte anche lui è piuttosto snob, è un detective che cita Montale ma tiene d'occhio anche i pettegolezzi da bar.
Ritorna alle radici anche Flavio Santi con l'ispettore Drago Furlan, un vero friulano doc, non solo per il nome. Nelle sue storie Cividale è l'affresco che conosciamo, di vecchi sfaccendati al bar che si godono il "taiut". O di animali da cortile che senza scandalo entrano in casa. Insomma se il Friuli non aveva ancora il suo ispettore contadino ce lo ha dato Santi. Tra l'altro Cividale e il suo minaccioso Ponte del Diavolo è scena del crimine di diversi altri narratori, da Francesca Raffaella Guerra all'anonimo Alberth Mayhem.
Allo stesso modo è inquietante anche la Trieste di Alberto Custerlina, decisamente gotica, sede dell'eterno conflitto tra il bene e il male. Altra dimensione è quella del Milo Ferretti di Gianmatteo Pelizzari, inutile negarlo, a Pelizzari la scrittura scorre come un blues, ironica o lirica, ma è certo che la sua Bassa friulana è sezionata al millimetro, in tutte le sue idiosincrasie. Udine è pure cornice degli inquietanti casi di Alex Nero, uscito dalla penna di Pierluigi Porazzi. E qui il capoluogo si fa proprio spietato, non risparmia niente e nessuno per i suoi loschi traffici. Ha molto a che fare con la letteratura invece il detective di Alessandro Mezzena Lona, che fa di Svevo un collaboratore dell'ispettore Casseri, entrambi impegnati dietro i misteri del "caso Bottecchia". Quello che Mezzena Lona ci fa vedere è un enigma, certo, ma anche un Friuli in giallo nel verde acceso di Peonis. Se ci spostiamo lievemente a ovest troviamo il Veneto di Massimo Carlotto, non proprio edificante,. un Veneto che ha metabolizzato l'illegalità con la facilità con cui ci si lava le mani. Un posto piuttosto reale, benché romanzato, fatto di poliziotti corrotti e tangenziali su cui transita la mafia balcanica.
La mappa è ampia, e certo qui non possiamo contenerla tutta, ma se serpeggiamo tra le regioni ogni città ha il suo piedipiatti romanzato. In genere sono tutti abbastanza misantropi, spesso ironici, frontali come il vicequestore Rocco Schiavone di Manzini, un romano trasferito al nord, ruvido quanto il suo nuovo panorama: le montagne fredde che circondano Aosta. La temperatura si alza nella città di Guido Guerrieri - il protagonista di Carofiglio - gli piacciono le donne, il cibo, il vino, insomma personaggio caldo com'è calda la sua Bari. A Bologna è una bella sfida. La storia è sempre in primo piano, in genere su un passato diviso tra rossi e neri, comunisti, fascisti, terroristi, e non solo, ma è certo che gli ispettori di Macchiavelli e Lucarelli fanno di Bologna una protagonista degli anni di piombo. D'altra parte è una perfetta dark lady anche nelle storie di Barbara Baraldi, città fatta di sotterranei e portici, notturna e violenta.
Chi traduce la politica in creatività è anche Marco Vichi. Siamo a Firenze e l'aria diventa più elegante. Non a caso la Firenze in cui si muove il commissario Bordelli è parecchio seduttiva, dentro com'è nei suoi rituali antichi. La costa toscana invece è prerogativa di Malvaldi, tutto si fa più famigliare, non potrebbe essere diversamente con gli abili e improvvisati piedipiatti del BarLume, qualcosa che ricorda le vispe periferie che stanno anche in Friuli. C'è da dire però che questi nuovi eroi non sempre hanno il gusto di Nero Woolf, l'amante della buona cucina. Escluso Montalbano e le sue delizie siciliane, per lo più mangiano in trattorie alla buona, se non pattume surgelato come l'ispettore Ferraro, uno dei migliori di Milano. La metropoli indagata dal personaggio di Biondillo è una Milano dal ventre molle. Più trasgressiva quella di Pinketts, dissacrante e post moderna. D'altra parte il suo Lazzaro Sant'Andrea possiamo immaginarlo solo lì, in bar come il Trotter, solitamente frequentato dallo scrittore, dove le persone "nuotano da un locale all'altro per pescare o farsi pescare, un po' esche, un po' squali".
Decisamente più politica la Milano di Dazieri, con la sua vena urbana bagnata di thriller. Più cinica e malinconica quella dell'antieroe Carlo Monterossi, dalla penna di Alessandro Robecchi. La capitale è ben sezionata da due autrici, la Roma del freddoloso investigatore epicureo Publio Aurelio Stazio di Danila Comastri Montanari, e la Roma decisamente più pop della messinese Alessia Gazzoli. Quest'ultima capace di una caput mundi scombinata, sede di decisive indagini scientifiche, ma sede anche di uomini "diversamente stronzi", così dice la sua dottoressa detective: Alice Allevi. Contro gli stereotipi è invece la Napoli dell'ispettore Lojacono, che come vuole De Giovanni, è spesso battuta da pioggia e vento.
Più snob la torbida Torino di De Cataldo, si capisce già dal nome del suo protagonista: il capitano Emiliano Mercalli di Saint-Just. E d'altra parte Fruttero & Lucentini docet: borghesia sabauda e licenziosa. Perché, diciamolo, il torbido è l'ingrediente che in un giallo non può mai mancare, costringe i suoi protagonisti ad avere idee chiare e vista aguzza. Insomma da Trieste a Palermo ogni luogo vanta il suo detective. Ma ormai si potrebbe dire anche il contrario, che ogni ispettore vanta la sua città. E tutto sommato non ha importanza che siano planimetrie reali o paesaggi vagheggiati. Basti pensare a come Camilleri è riuscito a stimolare un turismo di massa su luoghi idealmente inventati. Resta il fatto che non si può fare a meno di pensare Coliandro a Bologna o l'Alligatore a Padova. È che ogni città ha il suo mistero scritto sui palazzi, sulle mura, nelle piazze o sulle strade. Tutti luoghi che non si scrutano mai abbastanza, perché è Holmes a dircelo: «Il mondo è pieno di cose ovvie che nessuno si prende mai la cura di osservare». Almeno finché la fantasia di qualche poliziotto immaginario non ci conduce per mano a indagare una città e la sua anima che, come insegna Calvino, spesso è costruita su mattoni di paure e desideri.