Ho letto alcuni romanzi precedenti di Savyon Liebrecht e mi appassiona il suo modo di raccontare la sua terra, Israele, le sue contraddizioni, la società moderna ma spesso ancora rivolta al passato, il destino delle donne, strette tra la tradizione e la volontà di affermare i loro diritti.
I tredici racconti lunghi che compongono questa raccolta, somigliano a brevi romanzi, e del romanzo hanno le caratteristiche: approfondimento della psicologia dei personaggi, tempi dilatati del racconto, spostamenti di tempi e luoghi. Protagoniste delle storie che la scrittrice ci racconta sono prevalentemente donne, insegnanti, soldatesse, beduine, veggenti, turiste, immigrate… Storie che provengono da tempi lontani o, invece, fortemente contemporanee ma che hanno in comune il punto di vista con cui Liebrecht sa guardare fin nella parte più profonda della sensibilità delle donne.
Molto difficile parlare di tutti i racconti ma almeno i più significativi devono essere descritti, per la loro intensa capacità di commuovere: La donna siberiana, oltre quaranta pagine coinvolgenti, si svolge in Israele quando l’io narrante, una giovane donna appena sposata, con un figlia neonata, studentessa in attesa di borse di studio che le consentano di trasferirsi all’estero insieme al marito, scopre che la vicina di casa, giovanissima e bella, viene regolarmente stuprata da un marito molto violento. Lei vorrebbe intervenire per salvarla dalla violenza domestica, sconsigliata da suo marito Micha. Finché una notte la stessa ragazza siberiana, Zoya, si presenta alla sua porta sanguinante e disperata e lei finalmente la accompagnerà in un rifugio protetto insieme alla piccola. Poco tempo dopo lei e suo marito otterranno una borsa americana, si trasferiranno nel Wisconsin, faranno carriera, si separeranno. Oltre quaranta anni dopo la professoressa Ghinor, tornata in Israele, deve visionare i curricula di candidate che aspirano ad un posto all’Università: fra quei volti sconosciuti appare quello che le ricorda Zoya, la donna siberiana che aveva salvato tanto tempo prima. Sarà una scoperta sconvolgente, una sorta di drammatica epifania.
Il racconto che dà il titolo al volume si svolge invece in Polonia, quando i nazisti deportavano ed uccidevano gli ebrei, e gli abitanti più poveri aspiravano ad occuparne le case abbandonate, sperando in cuor loro che non tornassero mai. Il fabbro Klimas occupa la casa della ricca famiglia Brand e, finalmente, la sua famiglia potrà dormire in veri letti, con morbide lenzuola, circondati da oggetti magnifici, indossando abiti ricchi. Mariza, la bambina di nove anni, in una camera piena di libri può scrivere alla cugina Katherina le meraviglie e il lusso della nuova casa ma sua madre Regina, pur avendo trovato in mezzo alla biancheria una preziosa collana di perle, che nasconde nel timore che le venga sottratta per essere rivenduta, comincia a vivere male in quella pur piacevole nuova esistenza:
“Una sera, in camera da letto, Regina sentì all’improvviso la presenza del precedente padrone di casa alle sue spalle rabbrividì. Chiuse gli occhi, scese a tentoni a pianterreno, raggiunse la porta sul retro e osò riaprire le palpebre solo davanti alla statua della Madonna”.
Finale drammatico per questa storia così originale, nell’affrontare da parte di una scrittrice ebrea il punto di vista di una contadina cattolica coinvolta nella tragedia della dominazione nazista. Suaad la beduina zoppa, Flora la bionda veggente che vede il futuro nella sabbia delle dune, Rachel che erediterà dalla madre la cecità degli occhi ma non della mente, la signora Blau, una ortodossa che aveva abbandonato il figlio perché omosessuale e lo ritrova adulto ma morente in un ospedale…
L’ultimo racconto, Il narratore onnisciente, è un piccolo capolavoro, ottimo spunto per chi insegna scrittura creativa e per chi ama i processi letterari: il punto di vista della narratrice Ofira, una ragazza della provincia che capita a Tel Aviv e osserva il comportamento di chi la circonda, intenzionata a divenire scrittrice, dovrà cambiare radicalmente il suo punto di vista su cose e persone e, in due mesi, diverrà adulta e consapevole, capace di diventare l’autrice che sogna di essere.
“A un tratto ebbe un’idea: dopo tutto non solo la gente è testimone degli eventi. Anche gli oggetti, in un modo misterioso, lo sono… E ancor prima che il treno arrivasse a destinazione Ofira formulò l’incipit del racconto. Prese il quaderno con la copertina di stoffa che aveva ricevuto in regalo e scrisse...”.