Bisogna essere temprati per vivere in Patagonia. Rafael infatti è coperto di ferite e cicatrici lasciate sul suo corpo dai tre fratelli maggiori coalizzati contro di lui. Il giorno dopo la scomparsa del loro padre, i due gemelli, Mauro e Joaquin, danno da mangiare agli agnelli, e impassibili cambiano la lettiera dei conigli. A casa le parole non sono il forte di nessuno. I protagonisti del romanzo di Sandrine Collette, Resta la polvere (edizioni e/o, in uscita il 9 febbraio), sono lo specchio del territorio in cui vivono. Le steppe della Patagonia sono aride, gli arbusti malaticci, i cespugli ritorti. Così è la loro famiglia: una landa secca, con sentieri sassosi bruciati dal vento. Questo libro alimenta il mito della Patagonia come terra rassegnata alla desolazione, dove anche gli alberi non hanno voglia di mettere radici e d’inverno bovini, ovini e cavalli muoiono stroncati dalla fame e dal freddo.
La madre partorisce Rafael da sola, in piedi, e quando all’alba i fratelli scoprono il neonato in culla neanche si avvicinano. È una donna pallida, indurita dall’esistenza, prepara carne secca e uova e ora tocca a lei assegnare i compiti della giornata. Resta la polvere è un romanzo crudo, perfettamente adagiato sulle praterie spietate e spazzate dalla solitudine. «Certe volte pensa che avrebbe dovuto affogarli appena nati, come si fa con i gattini indesiderati», scrive Sandrine Collette presentando la madre, che non sembra mai un mostro. Non lo sembra neanche quando, dopo non troppe pagine, il lettore scopre che è stata lei a uccidere il marito: «Aveva bruciato i vestiti che non sarebbero più serviti, poche cose dimenticate, e seppellito dietro casa la sua scodella e il suo bicchiere, in segno di ripudio. Cancellato fino all’ultima traccia, fatto sparire dal mondo l’uomo indegno, il gaudente, il vigliacco». Ma il figlio Steban, chiamato lo scemo, ha visto la madre «andarsene con il padre di traverso sulla sella e tornare qualche ora dopo senza di lui. Nessuno si è accorto della macchia rosso scuro sul fianco di Rufian [il cavallo, ndr] che lui ha tenuto d’occhio per giorni, finché la terra e la pioggia l’hanno cancellata e ogni traccia del padre è sparita». Resta la polvere è un thriller: Steban è convinto che se raccontasse ai fratelli ciò che ha visto, la madre porterebbe via anche lui nella notte.
La Patagonia è la quintessenza di un luogo ignoto, è uno spazio che permette di proiettare ogni tipo di inquietudine. «Il vuoto patagonico lo si colma di racconti», scriveva Flavio Fiorani nel saggio Patagonia. Invenzione e conquista di una terra alla fine del mondo (Donzelli, 2009), in cui sosteneva che per secoli il deserto patagonico ha resistito a ogni misurazione, autorizzando una geografia astratta che ha attirato tanti viaggiatori.
Oggi la Patagonia è sinonimo di paesaggio autentico, incontaminato, è uno monumento al suo mito, celebrato soprattutto dalla letteratura. Il padre di tutti i recenti scrittori della Patagonia è il cileno Francisco Coloane. Nei suoi libri, come Capo Horn, la Terra del Fuoco è vastità, lotta per la sopravvivenza, natura selvaggia: «Il vento imperversava con folate simili a mareggiate e sembrava poter sollevare e schiantare la misera casa colonica». Coloane ha influenzato non solo altri sudamericani, come L u i s S e p ú l v e d a – n e l s u o P a t a g onia Express la Patagonia è una terra primordiale, imbevuta di leggende e sogni – ma anche scrittori più lontani, come Bruce Chatwin. L’autore e viaggiatore inglese, nel suo libro In Patagonia, esalta questi paesaggi estremi e consacra per sempre la Pampa a metafora della nostalgia: «È un’amante difficile. Ti stringe nelle sue braccia e non ti lascia più», lo ammonisce un poeta locale.
Mandrie, cavalli nervosi, notti con la luna grande, condor attirati dall’odore di morte: nel romanzo Resta la polvere torna la Patagonia letteraria. Una volta al mese la madre porta i figli in una piccola città, San León. Nel bar ordina whisky, gioca a poker, rolla sigarette. A casa la violenza dei fratelli aumenta, il silenzio è comprato con calci in pancia. La madre cova rabbia, i figli non si ribellano e come tutti i grandi protagonisti delle epopee ambientate qui, la loro esistenza non è altro che un errare infinito a causa di una colpa che non conosce nessuno.