PASSAPAROLA. Linda Ferri racconta una ragazza nella Roma di Marco Aurelio
"E' una figura antica, ma che può dar voce anche alle donne di oggi"
AVERE quindici anni nella Roma del II secolo d. c, quando intorno è tutto in declino e non ci sono certezze. Quando nascere femmina equivaleva a partire già svantaggiate, quando ancora ragazzine si era già spose, e non certo per scelta. Quando...
La protagonista del l'ultimo libro di Linda Ferri, Cecilia, vive nella Roma decadente di Marco Aurelio con la madre Lucilla, una donna provata dal dolore per la perdita dei figli maschi con cui lei ha un rapporto problematico, e con l'amato padre Paolo, magistrato, medico e filosofo. E poi ci sono le amiche e la nutrice, Carite, alla quale Cecilia è molto legata fin da bambina. Lei è in procinto di diventare adulta e si deve confrontare con la società maschilista del tempo, con la cultura che la circonda, con le passioni, i tradimenti e i sotterfugi che non hanno età.
In questo scenario, mentre il cristianesimo si fa strada tra mille tragedie, Cecilia guarda alle sue coetanee e ai loro destini e cerca se stessa, l'amore e una nuova fede. Non si rassegna e, per riuscire a ottenere ciò che vuole, è decisa a lottare; soprattutto per conquistare la sua autonomia e una nuova identità femminile.
Linda Ferri, scrittrice di romanzi e racconti e sceneggiatrice (da "La stanza del figlio", a "Anche libero va bene") è riuscita a raccontare un personaggio femminile che è di duemila anni fa, eppure attualissimo. Cecilia è un romanzo di formazione e il ritratto di un'epoca angosciosa che molto somiglia alla nostra.
Cecilia, la protagonista del libro, è una ragazza di 15 anni che vive in una società maschilista... non è molto cambiato dopo duemila anni?
"Per molti aspetti la società è rimasta maschilista a tutt'oggi. Cecilia è una giovane donna di epoca romana: a 15 anni deve sposarsi, mettere al mondo dei figli dopo essere stata a sua volta una figlia ubbidiente e devota nei confronti dei genitori. La sua giovinezza è segnata da una forte precocità, non molto lontana da quella che viene spesso imposta alle ragazze della società contemporanea. La figura di Cecilia mi sembra possa dar voce anche alle donne di oggi, poiché lei fa quello che non tutte riescono a fare: affrontare le difficoltà con coraggio e lottare per la propria indipendenza e la propria identità".
"Cecilia rifiuta l'idea che la sua vita non possa essere costituita essenzialmente e unicamente dagli obblighi che le vengono imposti dalla società impedendole così di emanciparsi e di affermare la propria autonomia. In un'epoca di angoscia e di presentimento della fine, Cecilia cerca se stessa e si prende la responsabilità del proprio essere. Esprime il punto di vista femminile, quello necessario a un mondo che troppo spesso lo soffoca".
Lei è scrittrice e sceneggiatrice e, in genere, racconta il presente. Perché ha scelto di ambientare il suo romanzo nel II sec. d. c.?
"E' curioso che mi venga posta spesso questa domanda, come se il criterio estetico dominante fosse quello dell'identificazione o, al contrario, dell'evasione, e fosse invece completamente cancellato il ruolo dell'immaginazione e della reinvenzione. Ho scelto il II sec d. C. perché è un'epoca di crisi, in parte specchio del mondo di oggi. E le coscienze si scoprono preda di un'angoscia e di una forza distruttiva che ancora ci appartengono. L'età di Marco Aurelio è un'epoca lontanissima, eppure per molti aspetti è molto vicina a noi. Quella di Cecilia è una famiglia come ce ne sono anche oggi, con sogni, delusioni e dolori. Come la maggior parte degli adolescenti, Cecilia si scopre preda di un'inquietudine, frutto di una domanda fondamentale sempre valida: dove può portare una civiltà che si fonda soprattutto sul sacrificio del bisogno di essere felici? Cecilia penserà di aver trovato la soluzione nell'amore per un uomo, ma si accorgerà che la vera risposta è nella fede, una fede profondamente sovversiva, che le mostra la sofferenza umana".
"Cecilia vive in un'epoca depressa in cui si sancisce la fine della politica, proprio come mi pare accada in questo momento in Italia. Fine della politica perché anche fine della Cosa Pubblica e della possibilità di intervenire".
In questo periodo i romanzi fotografano soprattutto la realtà contemporanea, e sono quasi cronaca. Quali valori sopravvivono al tempo?
Direi i valori che implicano un'immaginazione di sé e una corrispondenza dei valori dominanti, la capacità di potersi pensare anche al di fuori delle coordinate che ci sono date. In particolare per le donne: il bisogno di felicità con tutte le contraddizioni che comporta un bisogno che implica una visione non meramente di rispecchiamento di quello che è.
Io penso che i modelli e i valori imposti oggi alle donne e soprattutto alle ragazze cresciute con la televisione si ispirino a principi materialistici. Mi chiedo quanto possa durare una società che le condiziona e schiaccia l'idea di crescita individuale a favore di modelli effimeri e inconsistenti. Nel II secolo d. C. si viveva una crisi profonda, ma c'era comunque una forte ricerca spirituale, esistevano tante strade che le ragazze potevano intraprendere. Oggi invece sembra che di strade ce ne siano ben poche e la maggioranza non ce la fa a imboccare quella giusta.
In fin dei conti, però ritengo che il periodo storico caratterizzato e dominato da valori materiali sia destinato a tramontare.