Come vi avevo accennato nel Diario di Ottobre, il libro di oggi è stata una bella riconferma. Confesso, dopo aver letto "Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano" la mia fede aveva vacillato, temevo che "La giostra del piacere" fosse unico nel suo genere e, invece, "Veleno d'amore" conferma il cambio di rotta di uno Schmitt che non confida più sulla semplice emozione del lettore e sulla sociologia dell'integrazione, ma rivolge il suo sguardo al rapporto tra uomo e società, intesa come gruppo e come insieme i singoli. E, mi spiace per voi, ma continuerò a raccontarvi in ogni occasione utile di lui, contenti eh? Ma prima di approfondire le caratteristiche peculiari di Schmitt e le sue evoluzioni in questo lavoro, capiamo di che cosa si sta parlando.
Il racconto è ambientato ai nostri giorni a Parigi. Julia, Anouchka, Colombe e Raphaëlle sono amiche, tutte della stessa età (diciassettenni), e si apprestano a vivere il penultimo anno di liceo. Questo è il racconto di un anno scolastico, che si apre con il resoconto delle loro vacanze e con la confidenza, di Julia alle sue amiche, di esser stata per la prima volta con un ragazzo. La confidenza di aver fatto sesso destabilizza questa amicizia fino a incrinare i rapporti quando cominciano ad esserci segreti e frasi non dette.
Se pensate di aver capito come va a finire, mi spiace dirvelo, ma Schmitt vi stupirà e non poco.
Dicevamo, all'inizio di questo resoconto, che in questo lavoro ritroviamo le grandi passioni schmittiane: il teatro, la sociologia, l'analisi dei personaggi e qualche elemento nuovo c'è e, uno di questi, è che le quinte che racchiudono questa storia non sono quelle di un palco singolo ma delimitano metaforicamente lo spazio dei vari diari personali. Ogni ragazza racconta la sua parte di storia attraverso il proprio diario e questo introduce un altro elemento: nella Giostra la persona era definita dal suo rapporto con il gruppo e il suo "io" veniva costruito dalla percezione di molteplici sguardi. Anche qui gli sguardi sono tanti, ma la definizione di personaggio e situazione è giocata su due piani che si incrociano: il resoconto di chi parla fa eco a quelli delle altre o dell'altra che hanno, o ha, vissuto la situazione che si sta raccontando. Quindi, per scelta logica visto che si tratta di una storia compressa in spazio e in contenuti, questo gioco di specchi tra un diario personale e l'altro amplifica all'infinito lo spazio e ci permette di conoscere le ragazze sia per come loro stesse si percepiscono che per come vengono percepite.
"Gli occhi sono lo specchio dell'anima", dice un detto, per queste ragazze lo specchio è il gruppo a cui appartengono e, come succedeva nella giostra, nel momento in cui il singolo alza continue barriere verso il gruppo cui appartiene, non solo si sente respinto e non compreso nella sua dichiarazione di disagio, ma tende a continuare ad allontanarsi dagli altri. E anche il gruppo vive la stessa sequenza, disgregandosi e se l'invidia, o il loro senso di inadeguatezza, in prima battuta sembrerebbe dettare l'inizio di questo processo il vero elemento scatenante è invece "Il segreto". Nel momento in cui manca la condivisione totale, a tutti gli appartenenti del gruppo, anche del minimo pensiero o emozione, il clima si appesantisce e l'armonia vacilla; l'individualità prende il sopravvento rispetto alla condivisione d'intenti e di decisioni. Così il pensiero di Raphaëlle, che fino a quel momento non si era interessata ai maschi, comincia passa dalla curiosità morbosa a un vero atto di rivalsa, Colombe si scopre la differenza fra l'amore vero e quello sognato e via dicendo. Se per Perrotta il cammino di costruzione di se stessi passa attraverso le scelte che ogni giorno siamo portati a fare, per Schmitt l'evoluzione è quel viaggio che ci porta alla scelta ad essere determinante.
L'analisi dei rapporti fra giovani adolescenti e del loro mondo è così accurata, tangibile e verosimile che ci si dimentica che, a narrare, sia un uomo. Il testo è scorrevole, e l'unico intervento dell'autore, peraltro per nulla invasivo, è nel concatenare i vari resoconti così da rendere meno complicato seguire gli eventi. Julia, Anouchka, Colombe e Raphaëlle rappresentano personalità decisamente differenti fra loro eppure, pur evidenziandone le caratteristiche di scrittura e carattere, la narrazione rimane omogenea e non ci sono problemi a seguire i vari registri narrativi. E alla fine ti ritrovi lì, spiazzato con un finale che non ti aspettavi e ti accorgi che ti sei affezionato a tutte e quattro le ragazze - compresa la secondo dal nome impronunciabile! - e che la storia, che sembrava semplice e forse anche un po' banale, alla fine vista nella sua completezza risulta avere delle sfaccettature del tutto inaspettate.
Un libro veramente affascinate, come solo Schmitt li sa scrivere!
Buone letture,
Simona Scravaglieri