Massimo Trosi non è morto. Si è ritirato a vita privata. Zero contatti con gli amici più stretti. Figuriamoci con il pubblico e i colleghi. Un esilio in campagna nato così, senza una specifica ragione.
Ma – dopo 12 anni – è tornato. Così, sempre senza un chiaro motivo. Da qui nasce Da domani mi alzo tardi di Anna Pavignano, co-sceneggiatrice tra gli altri di Ricomincio da tre e Il postino. L’autrice è stata a lungo accanto a Massimo. Si sono visti per la prima volta dietro le quinte di Non stop, varietà televisivo degli anni ’70 dove Troisi partecipava con il trio comico La Smorfia, hanno lavorato insieme ed hanno vissuto una storia d’amore.
Da domani mi alzo tardi poggia su una brillante struttura narrativa. Il motore immobile è la scrittura di un nuovo film, ma l’isolamento permette soprattutto di scavare dentro il loro passato. I primi incontri, la storia sentimentale, la crescita umana e il successo artistico. Il romanzo diventa così poliedrico. È un meta-racconto sulla scrittura, è una biografia ricca di aneddoti, è – ovviamente – un romanzo ucronico, dove il redivivo Massimo è coerente e credibile: ben strutturato, approfondito psicologicamente, un attore che regala battute – come quella che dà il titolo al libro – e che continua ad avere un rapporto tormentato con la sua accidia e le sue insicurezze. Anche l’aspetto linguistico è accurato, con Massimo che utilizza il suo idioma a metà strada tra l’italiano e il napoletano. Ma il libro è sopratutto uno scavo interiore, quasi analitico, che tocca disparati aspetti dell’esistenza di Anna e Massimo che si sono lasciati poco più che ragazzi e che si ritrovano ormai adulti, quasi invecchiati.
Le diverse parti si amalgamano bene. Le cuciture non si vedono e ogni aspetto del romanzo è godibile nella sua pienezza. Chi ama il cinema di Troisi apprezzerà gli aneddoti dietro le sue migliori interpretazioni (ad esempio, ricordate la battuta attorno al nome Ugo, alla fine di Ricomincio da tre? Bene, la sua genesi è raccontata nelle prime pagine del romanzo). E non è secondaria la riflessione attorno all’arte – come dice Massimo «Il ruolo dell’artista nella società è aiutare quelli che non hanno tempo di pensare […] Non nel senso di plagiare ma nel senso di suggerire dei pensieri che migliorino la vita»– e le dinamiche che regolano i rapporti umani.
Ma amaro è il retrogusto. Perché l’ucronia non fa altro che accrescere quella strana nostalgia per quello che sarebbe potuto essere ma che non è stato. Colpa di un cuore fragile che si è fermato il 4 giugno 1994, poche ore dopo la fine delle riprese de Il postino.