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Ninfee Nere

Testata: Valerio Calzolaio
Data: 28 agosto 2016

Giverny. 13-25 maggio 2010. Nessuno sembra conoscere quella vecchia strega isolata, nata nel 1926, anno della morte di Claude Monet, che abita in cima al torrione (quadrato a graticcio) del grande mulino delle Chennevières, in riva al ruscello dell’Epte, accanto ai celebri giardini delle ninfee, del ponte giapponese, delle serre, fino all’isola delle Ortiche e al suo Chemin du Roy; dalla finestrella del quarto piano tiene d’occhio tutta la pianura abitata del paesino addossato sulla collina. Quando esce il pastore tedesco Neptune le corre sempre non distante. Il marito Jacques è molto malato, il 13 maggio sembra in fin di vita, parla a lungo con la moglie, le mostra vecchie cose, arriva il medico, poi l’ambulanza per l’ospedale di Vernon. Un paio di giorni dopo, lei va a trovarlo e vede che soffre tanto, stacca le flebo, il 17 maggio viene sepolto in cimitero, lei si trova sola. Contemporaneamente, dall’altro capo del cimitero, tutto il paese è intorno alla tomba di Jérôme Morval, un centinaio di persone a capo scoperto o sotto gli ombrelli accanto alla moglie Patricia. Il famoso chirurgo oftalmologo, con studio a Parigi, originario di e spesso residente a Giverny, era stato ucciso proprio all’alba del 13 maggio, accoltellato e affogato, pure col cranio fracassato. Segue il caso il giovane affascinante biondo ispettore Laurenç Sérénac, meno che trentenne, uscito dalla scuola di polizia di Tolosa, da poco in servizio a Vernon, forte accento occitano. Elegge a proprio vice il collega Sylvio Bénavides. Individuano le possibili piste: pare che la vittima fosse un donnaiolo, invaghito della bella sposata Stéphanie Dupain, unica maestra dell’unica classe, dove ben dipinge la piccola Fanette di undici anni, che corre e scherza con i compagni. Si rivelerà un guazzabuglio, bisogna scavare nella follia omicida anche del 1937 e del 1963.

Il professore di geografia all’università di Rouen e direttore di ricerca al Cnrs francese Michel Bussi (Louviers, 1965) pubblica ottimi gialli di successo da quasi una decina d’anni (avendoli cominciati a scrivere ben prima). Nympheas Noirs è del 2011, ha vinto tantissimi premi e gli ha dato fama internazionale, ora finalmente tradotto in Italia (unico fino ad adesso). Va consigliato caldamente a chi ama l’arte e l’impressionismo, a chi frequenta la Normandia, a chi va a visitare i luoghi di Monet: comprenderete meglio informazioni e percorsi, scoprirete colori (malva soprattutto) e atmosfere (malinconiche talora), odori e passioni. Accanto a Stéphanie sono protagonisti luoghi dove il tempo tende a fermarsi. Il titolo si riferisce sia agli esperimenti di una dotata pittrice in erba, sia a un quadro appeso nel torrione della strega, sia a uno sconosciuto presunto dipinto dello stesso morente Monet. Le esplicative paginette di incipit e la successiva narrazione prevalentemente in prima e al presente consentono all’autore di alterare il “patto” coi complici lettori rispetto ai fini ingranaggi criminali, di disseminare indizi senza dire alcune cose di sostanza, sicché il finale è sorprendente più per l’epoca che per il modo. Va bene lo stesso, il romanzo combina diversi genere, è soprattutto una fiaba noir. Laurenç gira con l’antiquata ruggente affascinante moto Triumph Tiger e predilige il bianco gaillac. Con la sensuale maestra si piacciono proprio, lei è fedele al marito gran lavoratore anche se non lo ama e lui vorrebbe ascoltasse Françoise Hardy, Le temps de l’amour. Ah, se la storia fosse andata in modo diverso e avesse seguito Aragon: “acconsento a che si instauri il diritto di sognare”!