Cercando libri intelligenti e non pesanti da leggere in estate, si ritorna a Gamboa, svelto cinquantenne colombiano che ha letto molto e cita molti, vicino ad altri scrittori (internazionali) della sua generazione un po’ seri e un po’ furbi, piuttosto colti, innamorati del sé e alla caccia di un pubblico internazionale che gli permetta di vivere da scrittori. Una generazione con punte alte, punte medie e punte molto basse, imitative; è da vili non fare nomi ma, quanto al medio e al basso, sono una legione. Gamboa ci è molto simpatico ma ci piacque di più in Morte di un biografo, alle prese con il mondo dei congressi di scrittori e aini (a quando un romanzo italiano sul festival di Mantova?). Qui, descrivendo una casa nuova e imponente in cui il narratore, ilologo di fama, va ad abitare grazie ai soldi di un premio letterario messicano, con una zia arditamente non conformista (che ricorda quelle di Bernhard e di Greene), di stanza in stanza si parla, attraverso personaggi sempre coloriti e interessanti, della capitale della Colombia e di come è cambiata nel tempo, dei suoi politici e dei suoi scrittori, dei suoi salotti e dei suoi ghetti, più miserabili, dice Gamboa, di quelli dei Miserabili. Ora sincero e spedito, ora calcolatore e prolisso, Gamboa resta un personaggio di prim’ordine a cui si ha il diritto di chiedere di più. Diteglielo, redattori di e/o e Raul Schenardi, ottimo traduttore.