Nel 2011 Michel Bussi pubblica in Francia questo romanzo con il quale vince uno dopo l’altro i seguenti trofei: Prix Polar Michel Lebrun, Grand Prix Gustave Flaubert, Prix polar méditerranéen, Prix des lecteurs du festival Polar de Cognac e infine Prix Goutte de Sang d’encre de Vienne. Meritati, non c’è bisogno di dire di più.
Un incipit immediato e intrigante dimostra ampiamente la navigata bravura di Bussi.
«Tre donne vivevano in un paesino. La prima era cattiva, la seconda bugiarda e la terza egoista. Il paese aveva un grazioso nome da giardino: Giverny. La prima aveva più di ottant’anni ed era vedova. O quasi. La seconda ne aveva trentasei e non aveva mai tradito il marito. Per il momento. La terza stava per compierne undici e tutti i ragazzi della scuola erano innamorati di lei. La prima si vestiva sempre di nero, la seconda si truccava per l’amante, la terza si faceva le trecce perché svolazzassero al vento.»
Tre donne, tre destini? Il romanzo parte con il delitto che ha per vittima Jérôme Morval, oftalmogolo famoso che ha casa a Giverny (Normandia, ma con Parigi poco lontana e oggi famosissima meta turistica francese), quasi il feudo di Claude Monet, con le sue pennellate trascinate da genio dell’impressionismo a far da sfondo a tutte le pagine. Atmosfere soffuse, particolari dettagliati, ma un po’ fanées, ci vedrei bene l’accompagnamento di certe vecchie e melodiose canzoni del geniale Paolo Conte (tanto amato dai registi oltralpe).
Morval è stato ritrovato pugnalato, con la testa sfondata e annegato, proprio sulla riva del ruscello che Monet aveva fatto costruire per alimentare il suo celebre laghetto con le Ninfee.
Quasi fosse un pittore, per meglio mettere a fuoco la sua opera, Bussi affida ai personaggi la narrazione secondo il loro punto di vista. Chi è questa vecchia donna che domina la scena fin dall’inizio? A che gioco gioca Stéphanie Dupuy con l’ispettore Laurenç Sérénac? La piccola Fanette è veramente in pericolo?
Ma il mistero è fitto e si trascina incomprensibile e senza soluzione, o almeno parrebbe, praticamente fino alla fine.
Due ispettori di polizia Sérénac e il suo vice Sylvio Bénavides, notevole e singolare personaggio, si scervellano per risolvere il caso, complicato sia dalla mancanza di indizi che da un omertoso silenzio di gran parte del villaggio. Scavando a fondo nel privato della vittima, Sérénac scoprirà che Morval, cultore di Monet, da anni stava cercando l’ultima perduta opera del maestro, ennesima variante delle Ninfee. Potrebbe essere un movente? Mah? Difficile a dire perché nonostante questa svolta, l’indagine è impantanata. Un certo aiuto arriva dalla maestra di Giverny, Stéphanie Dupuy, donna molto affascinante della quale Lorenç Sérénac si innamora perdutamente, ma poi salta fuori che è la moglie del principale indiziato di omicidio. A complicare di più la faccenda si scopre che nel 1937 un bambino fu ucciso secondo le stesse modalità e ritrovato proprio nello stesso posto…
E poi patatrac: dopo essersi scervellati e aver volato fino in fondo per scoprire la chiave dell’enigma, si scopre che non c’era modo di indovinare perché il diabolico Bussi ha inventato una bella favola e anche una fantastica storia gialla, mischiando come un prestigiatore anni e nomi dei personaggi! Insomma mi aveva ingabolata mani e piedi come un principiante. Non c’è che dire un gran bel bluff, nascosto con maestria nei capoversi dei diversi capitoli.
Bravo davvero, complimenti.