Linda Ferri vive a Roma. Ha pubblicato il romanzo Incantesimi (Feltrinelli 1997), una raccolta di racconti, Il tempo che resta (Feltrinelli 2001) e alcuni libri per bambini. Ha firmato le sceneggiature dei film La stanza del figlio di Nanni Moretti, Luce dei miei occhi e La vita che vorrei di Giuseppe Piccioni, e Anche libero va bene di Kim Rossi Stuart.
Questo romanzo nasce da un innamoramento. Uno dei molti che Cecilia ha continuato a ispirare nei secoli, inanellando leggende, amplificando il mito. Perchè la scelta della narrazione in prima persona?
Si dice fin troppo spesso, ma è vero che nella scrittura c'è qualcosa di magico. Dando la parola a Cecilia, volevo che mi rivelasse di sé qualcosa che non sapevo. Volevo che il mio punto di vista, quello del narratore, restasse più in secondo piano. Scrivere "io" a proposito di un personaggio mette in scena un mistero che mi affascina.
Cecilia si ribella ai versi di Virgilio (quando Enea, senza mostrare alcun accenno di pietà, sacrifica l'amore di Didone alla fondazione di Roma) provocando l'ammonimento del suo precettore: quasi mai ci è dato di vivere secondo il nostro cuore. Le ragioni del cuore, una scelta culturalmente più femminile, sono sempre quelle giuste?
No, certo. E credo che nel libro il personaggio di Paolo, il padre di Cecilia, esprima quanta dignità, quanto valore siano contenuti in una vita che vuole essere invece "secondo ragione". Però, nella sua rabbia infantile contro Enea, Cecilia coglie una cosa vera: dove può portare una civiltà che si fonda sul sacrificio del cuore, del bisogno di essere felici?
La ricostruzione della vita di Cecilia è stata ispirata maggiormente dal mito o dalla storia?
Direi da entrambi. Ho letto di tutto per scrivere questo libro, mi sono documentata sui testi antichi e su quelli di storia. Ma credo che senza l' impatto emotivo che la statua di Cecilia di Stefano Maderno ha avuto su di me non avrei nemmeno cominciato. Questo sentimento mi ha accompagnato e sostenuto durante tutto il lavoro.
Cecilia cerca se stessa in una società maschile che non riesce a subire, e questo proprio grazie all'eccellente educazione maschile ricevuta. Troverà il senso della sua esistenza nella fede cristiana. Tuttavia nel momento in cui ha la possibilità di ottenere la clemenza rinnegando Dio, a Cecilia torna in mente l'augurio di Telifrone, nato libero e ridotto in schiavitù per la sua stessa debolezza. Cecilia affronta il martirio per non rinnegare la propria fede o per affermare la propria libertà?
Nella spiritualità Cecilia scopre qualcosa di molto creativo, qualcosa che espande l'essere, che rivela il mondo. Dopo la conversione lei sente di aver finalmente trovato se stessa. Perciò che non voglia rinnegare la propria fede coincide con un'affermazione di libertà e di vita.
Con poche eccezioni, il cinema italiano è prevalentemente un universo maschile. Le donne non hanno più molto da dire, o non ne hanno più il tempo?
Il cinema italiano è sempre stato prevalentemente maschile. Piano piano le cose stanno cambiando. Il problema è: sono capaci le donne di portare un loro punto di vista nelle storie? Un punto di vista che non sia ideologico, ma specifico, diverso? Ecco mi pare che ultimamente questa specificità interessante e innovativa si stia perdendo. E' un peccato per tutti.