Mentre Leïla si sente una scrittrice mediterranea, un altro giovane autore ospite al Salone, Saleem Haddad, 33 anni, si presenta come il perfetto scrittore globale. Nato da madre iracheno-tedesca e padre libano-palestinese, è cresciuto tra il Kuwait, la Giordania e Cipro, ha viaggiato in vari paesi arabi collaborando con Medici senza frontiere e oggi risiede a Londra. Nel suo romanzo Ultimo giro a Guapa (edizioni e/o, tradotto dall’inglese di Silvia Castoldi), infatti, non sceglie un’ambientazione precisa, ma una città non identificata del Medio Oriente che fa da sfondo a una storia scritta con l’urgenza di “cercare un’identità politica e sessuale” e venirne a patti.
Con questo romanzo Saleem Haddad svela molti aspetti della scena omosessuale clandestina nel mondo arabo-musulmano repressa da dittatori e integralisti. Il protagonista, Rasa, di giorno lavora come interprete e di notte si divide tra il seminterrato di un locale clandestino in cui si radunano gay e lesbiche, il Guapa, e l’intimità con il suo amante segreto con il quale viene scoperto dalla nonna. Il sentimento chiave che ha spinto Saleem alla scrittura è stato la vergogna, in arabo eib, parola che contiene anche il peccato ma non in senso religioso, piuttosto in senso comunitario, aspetto che conferma un tratto comune ai romanzi provenienti dall’area mediterranea: il bisogno di liberarsi dalle catene della cultura tradizionale e del giudizio altrui che considera inaccettabili molti comportamenti giustificando divieti e limitazioni.
“Il potere della vergogna è insidioso” sostiene l’autore che si chiede: “dobbiamo davvero superare la vergogna o dobbiamo semplicemente manifestarla, cambiare e adattarci alle diverse occasioni della vita? “Mi faccio ancora questa domanda e la rilancio nel romanzo – ha spiegato – Per certi aspetti, forse sarò maledetto dalla vergogna per il resto della mia vita, forse è qualcosa che non sarò mai veramente in grado di superare. Ma la bellezza della vergogna è la sua malleabilità: ciò che è vergognoso e ciò che non lo è, non è costante, ma sempre in evoluzione nel corso del tempo, in questo modo almeno posso esercitare un certo controllo sulle azioni che ritengo vergognose”.
Per Saleem non è facile descrivere la scena gay in Medio Oriente perché è “incredibilmente varia”. “Ci sono una moltitudine di esperienze – ha spiegato -: dagli attivisti per i diritti di genere che forniscono servizi di aborto clandestini alle relazioni romantiche tra beduini. Ogni vita gay nel mondo arabo è unica. Inoltre, non c’è un modo neutro e positivo per descrivere gli omosessuali, ma esistono molti modi per vivere il proprio essere gay senza rimandare a un modello occidentale”. L’esperienza di Saleem in questo ambiente, lo ha portato ad affermare che “se da un lato si assiste a sfide strazianti, esistono anche momenti di incredibile bellezza. Nel mondo gay c’è molta tristezza, ma ci sono anche storie di resistenza, di amicizia e di divertimento”.