«La mattina inizia con vergogna. Non è un sentimento nuovo, ma quando i ricordi di stanotte cominciano a riaffiorare assume una risonanza terrificante». E' la notte in cui Rasa, protagonista di Ultimo giro al Guapa (pubblicato in Italia dalla casa editrice e/o), di Saleem Haddad, ospite al Salone del Libro di Torino, è stato trovato a letto con il suo amante, dalla nonna con cui vive.
In occasione della Giornata Internazionale contro l'omofobia, che si celebra il 17 maggio in tutto il mondo, vi raccontiamo la sua storia.
Nato in Kuwait da madre iracheno-tedesca e padre palestinese-libanese Saleem Haddad, cresciuto poi in Giordania, Canada e Gran Bretagna, ha nel Dna un vero melting pot di culture del Medio Oriente. Il suo primo romanzo è un coming out politico e personale.
«Ho sempre desiderato scrivere una storia gay ambientata nel mondo arabo - ci racconta Haddad -. Le mie lotte contro la vergogna e la segretezza, le pressioni su come "un uomo" dev'essere, il percorso "giusto" che deve seguire e che la mia famiglia e la società avevano previsto per me. Non c'era niente di tutto questo nei libri con cui ero cresciuto, io volevo raccontarlo».
Circa dieci anni fa Haddad ha deciso di dichiarare in famiglia la sua omosessualità, stanco di nascondersi e non sentirsi libero. «Da quel momento è iniziato un lungo periodo di discussioni con loro fino ad arrivare all'accettazione. Sono fortunato perché la mia famiglia non mi ha rifiutato, anche se non sin dall'inizio. Mi ripetevano: "Non siamo d'accordo con questo stile di vita". Anche se volevano che io fossi il figlio che avevano in testa con il tempo hanno capito che essere gay non è una scelta».
Oggi Saleem Haddad, che ha scelto di vivere a Londra, dove si occupa di politica e peacekeeping per una società internazionale, è un esempio quasi unico di accettazione dell'omosessualità nel mondo arabo. «A volte temo per la mia sicurezza ma ho fiducia nei paesi che sono la mia casa: il Libano e la Giordania».
Non esistono dati certi sul panorama gay arabo, ma esistono i numeri delle repressioni, degli arresti incontrollati, e infine dei suicidi. Di chi viene schiacciato dal peso della società araba, dove difficilmente le diversità sono tollerate e l'uomo è simbolo di forza e superiorità. In Egitto, per esempio, secondo un sondaggio fatto dal Pew Institute, solo il 3% degli egiziani è disposto ad accettare l’omosessualità.
Secondo il report annuale dell’Ilga, International Lesbian, Gay, Bisexual and Trans and Intersex association, sono tredici gli stati in cui ancora oggi vige la pena di morte per gli omosessuali, in altri 14 stati il massimo della pena varia dai 15 anni all’ergastolo. Infine, In 17 stati sono state promosse leggi che limitano la libertà di espressione sull’orientamento sessuale.
«In Libano ci sono leggi contro la sodomia - continua Haddad - ma esiste una scena Lgbt molto ampia e attiva che lotta pubblicamente per cambiare queste leggi. In Giordania non ci sono chiare leggi contro l'omosessualità ma la società è più conservatrice e quindi la comunità Lgbt è più piccola. Le leggi sono solo una parte, la società e la politica giocano un ruolo importante su quanto le persone Lgbt siano o meno protette.».
In Inghilterra «Ultimo giro al Guapa» è un grande successo editoriale ma non in Medio Oriente, dove il romanzo non è stato nemmeno tradotto. Di omosessualità è meglio non parlare. «Spero che accada, la mia esperienza mi dice che le persone arabe vogliono discutere delle libertà personali e dei "diritti del corpo" (così vengono definiti in Medio Oriente). Vorrei che il mio libro contribuisse al dialogo».
Ma è tutta colpa dell'islam? No, Haddad spiega molto bene il perché, attraverso le vicende del suo protagonista Rasa, ispirato in parte alla sua vita personale. «Più che dell'islam si dovrebbe parlare dell'Eib, il senso di vergogna che gioca un ruolo importante nel mondo arabo e che lo ha avuto nei miei rapporti sociali. Ciò che è bene fare e non fare in pubblico. La vergogna può essere opprimente ma può anche legare le comunità insieme. Ricordo il caso di un raid all'interno di un cinema libanese, durante il quale alcuni uomini gay sono stati arrestati e sottoposti a umilianti esami anali. I media, nel riportare la notizia, hanno parlato del comportamento vergognoso della polizia piuttosto che della "perversione"».