Un bel romanzo sulla nobile romana che si fece santa
Sono stata attratta da Cecilia (edizioni e/o) per la scrittrice Linda Ferri, che ho seguito nel suo percorso, dal primo romanzo, Incantesimi (Feltrinelli), alle sceneggiature di film come La stanza del figlio, Luce dei miei occhi, Anche libero va bene, e per il personaggio di cui racconta: una santa, Cecilia, appunto, che probabilmente è una leggenda e che però ha dato origine a una fioritura di leggende, tra cui quella che la vuole, per errata interpretazione di un passo, patrona dei musicisti.
Anche questo romanzo è una leggenda, che ci dice qualcosa di più e di nuovo: di una ragazza inquieta, malata nellanima e nel corpo, alla ricerca della strada verso sé stessa, in una società maschile (la Roma del II secolo d.C.) che alla donna lascia uno spazio marginale, ostinandosi a ignorare che i tempi sono cambiati.
In quella società in crisi nonostante il saggio imperatore Marco Aurelio e depressa (specchio della nostra?), Cecilia non si rassegna al suo ruolo di ragazza nobile, educata da buoni filosofi ai buoni principi di una città tollerante e incline a inglobare, per apertura e per difesa, idee e culti diversi. Ascoltando linquietudine che i maestri la invitano a controllare, osservando la madre, il padre, le amiche, i loro capricci, slanci, tradimenti, Cecilia, per natura eccessiva, non smette di andare verso un cambiamento che sente possibile. Lo individua nella musica, poi nel marito, accettato per interessi familiari, cui si abbandona, per esserne però delusa; e alla fine nella nuova religione, verso la quale è guidata dalla nutrice e che abbraccia dopo una guarigione: il cristianesimo. Una religione che ancora nella sua fase iniziale, colpisce al cuore il potere, e spinge lei, nobile matrona, a occuparsi di altri esseri umani, soprattutto dei più disgraziati. A diventare donna.