Montagnola coast to coast. Vi portiamo a scoprire un quartiere pieno di resistenze e arcaicità piacevoli.
Ci sta che un libro ogni tanto ti ammali o ti intrattenga a forza di simpatia, di dialoghi scoppiettanti, di situazioni paradossali. Questa risma di carta rilegata che chiamiamo romanzo è fatta pure per piaceri più immediati e alla fine benvengano, talvolta, un sorvegliato umorismo, una roboante avventurosità e, perché no, anche un po’ di sano eros. Del tutto detto fin qui, le sorridenti avventure de “La banda degli invisibili” (edizioni e/o) di Fabio Bartolomei ci intrattengono per qualche ben speso pomeriggio.
Eccoci allora nel cuore di questo quartiere già noto come Borgata Laurentina. A scoprire se, come nel libro di Fabio Bartolomei, ci sono dentiere e arditi ottuagenari. E ci sono. Ma sono donne: tutte in circolo nel piazzale a bordo di sedie a rotelle e donne peruviane che le accompagnano e nel frattempo, loro sedute sulle panchine, si trasmettono un po’ di nostalgia a buon prezzo. Purtroppo nessuna ha le fattezze della bella Lauretta del libro. La chiesa di Gesù Buon Pastore – che vorrei aver dimenticato per le circostanze tristissime in cui ci sono già capitato – ha festeggiato i suoi 75 anni con una mostra fotografica che fa il punto dal 1937 a oggi della storia del quartiere tra operai arrampicati nella costruzione della sua mastodontica struttura e visite papali. Non possono essere fuori da questa inquadratura le scene di Resistenza e cannoneggiamento che hanno ispirato la contemporanea partigianeria dei vecchietti di Bartolomei. Dentro l’inquadratura rivediamo invece un Walter Chiari targato 1963 e Dino Risi nel film “Il Giovedì”. Nelle sequenze che precedono il palleggio dell’attore c’è molto cantiere e molta polvere, nessuna certezza che faccia presagire le tante costruzioni e i monumenti che vediamo oggi.
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Il quartiere freme di vitalità impensata che una mia amica mi aveva riassunto in un “non sembra l’EUR”. In effetti, i bivacchi da bar, il senso della territorialità, una generale convivialità diffusa ci sono tutti e ci ricordano che siamo in corpo vivo. L’architettura delle case oscilla tra uno spregiudicato modernismo ma con gusto e caseggiati più antichi di essenzialità quasi militare.
Un barbiere “classico e moderno”, autoscuole e banche, negozi dal buon gusto anche se un po’ lezioso o naif, una frutteria enorme e profumatissima. Più in là la Colombo con quel bellissimo campo in pozzolana dove si allenano le campionesse del Real Colombo, calcio femminile campione d’Italia 2012. Le mamme si assiepano intorno e guardano bambini alti un calzoncino e una maglietta rincorrere palloni di cuoio anteguerra mentre l’acqua spruzza il campo per abbassarne la polverosità.
Ritorno alla Chiesa e al suo mosaico Quorum Memoriam. Ritorno al piazzale all’eroismo dei cognomi incisi sul marmo a memoria definitiva. A quelli che “caddero combattendo” in quel 10 settembre 1943. La lista per granatieri, carristi e civili porta decine di cognomi anche di donne con nomi di una volta: Pasqua, Cesarina e Domenica. Mi fermo in questa quiete tardopomeridiana e prendo fiato prima di rientrare nel caos della Colombo, veleggiando verso il marmo bianco dell’EUR, ricordando quanto la Roma talvolta piccina e opportunista che sappiamo abbia avuto eroi veri. E, all’uopo, – come nel libro di Bartolomei – potrebbe averne ancora. Ne abbiamo ancora bisogno.
Eccoci nel cuore di questo quartiere già noto come Borgata Laurentina. A scoprire se, come nel libro di Bartolomei, ci sono dentiere e arditi ottuagenari. E ci sono. Ma sono donne: tutte in circolo nel piazzale a bordo di sedie a rotelle e donne peruviane che le accompagnano e nel frattempo, loro sedute sulle panchine, si trasmettono un po’ di nostalgia a buon prezzo. Purtroppo nessuna ha le fattezze della bella Lauretta del libro. La chiesa di Gesù Buon Pastore – che vorrei aver dimenticato per le circostanze tristissime in cui ci sono già capitato – ha festeggiato i suoi 75 anni con una mostra fotografica che fa il punto dal 1937 a oggi della storia del quartiere tra operai arrampicati nella costruzione della sua mastodontica struttura e visite papali. Non possono essere fuori da questa inquadratura le scene di Resistenza e cannoneggiamento che hanno ispirato la contemporanea partigianeria dei vecchietti di Bartolomei.
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Il quartiere freme di vitalità impensata che una mia amica mi aveva riassunto in un “non sembra l’EUR”. In effetti, i bivacchi da bar, il senso della territorialità, una generale convivialità diffusa ci sono tutti e ci ricordano che siamo in corpo vivo. L’architettura delle case oscilla tra uno spregiudicato modernismo ma con gusto e caseggiati più antichi di essenzialità quasi militare.
Un barbiere “classico e moderno”, autoscuole e banche, negozi dal buon gusto anche se un po’ lezioso o naif, una frutteria enorme e profumatissima. Più in là la Colombo con quel bellissimo campo in pozzolana dove si allenano le campionesse del Real Colombo, calcio femminile campione d’Italia 2012. Le mamme si assiepano intorno e guardano bambini alti un calzoncino e una maglietta rincorrere palloni di cuoio anteguerra mentre l’acqua spruzza il campo per abbassarne la polverosità.
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Ritorno alla Chiesa e al suo mosaico Quorum Memoriam. Ritorno al piazzale all’eroismo dei cognomi incisi sul marmo a memoria definitiva. A quelli che “caddero combattendo” in quel 10 settembre 1943. La lista per granatieri, carristi e civili porta decine di cognomi anche di donne con nomi di una volta: Pasqua, Cesarina e Domenica. Mi fermo in questa quiete tardopomeridiana e prendo fiato prima di rientrare nel caos della Colombo, veleggiando verso il marmo bianco dell’EUR, ricordando quanto la Roma talvolta piccina e opportunista che sappiamo abbia avuto eroi veri. E, all’uopo, – come nel libro di Bartolomei – potrebbe averne ancora. Ne abbiamo ancora bisogno.