Un bel romanzo, delicato e coinvolgente. Il racconto di un’estate irripetibile, che lascerà un segno profondo, indelebile nella mente e nel cuore di Chiara, l’autrice, figlia dell’ambasciatore italiano in Iran.
È il 1981, l’Iran, dopo la caduta dello Scià di Persia, è teatro della rivoluzione khomeinista che ha sostituito l’antico regime occidentalizzante con una repubblica islamica ed è sconvolto dalla guerra con l’Iraq.
In questo paese in guerra, martoriato dai continui bombardamenti dell’aviazione irachena, dominato dalla violenza e dal fanatismo religioso, nel quale le donne si aggirano velate, i pasdaran esercitano una sorveglianza spietata e dove, su tutto, domina l’ayatollah Khomeini con il suo sguardo inesorabile e terrorizzante, Chiara e il fratello Paolo vivranno l’estate del 1981 protetti dal giardino della residenza estiva dell’ambasciata d’Italia.
Un giardino che la madre, la delicata ed elegante signora Elena, solo apparentemente fragile, curerà e riporterà all’antico splendore e che con i suoi tesori (la fontana azzurra, la piscina), costituirà per i due bambini italiani il mondo nel quale rifugiarsi, vivere esperienze nuove ed emozionanti come l’incontro con Massoud, il bimbo dagli occhi scuri e le scarpe sgangherate che con Chiara scambierà messaggi fatti di sguardi che valgono più di tante parole, rincorrere il vispo cagnolino Moretto amatissimo dal fratello dell’autrice, giocare e scorrazzare.
Un posto pieno di magia che però non potrà mai proteggere del tutto i due fratelli dalla violenza che arriva dall’esterno, da quello sguardo feroce dell’Ayatollah Khomeini che sembra essere ovunque, anche lì, in quel bel giardino nel quale gli echi dell’orrore di quello che accade fuori arrivano, attutiti dalle sue mura, ma non per questo meno intensi e brutali. Tant’è vero che i due protagonisti ingaggeranno una loro particolare lotta privata contro l’onnipresente ayatollah, strappandoci un sorriso un po’ amaro per le loro trovate ingenue e insieme struggenti.
Il giardino Persiano è questo e altro ancora, è il racconto della crescita di una bambina, del formarsi di una personalità determinata, restia alle convenzioni e alle regole, della sua solitudine, del suo mondo di fantasie racchiuso, oltre che nel giardino, in un romanzo scritto su un rotolo di fogli rosa e nelle sue chiacchierate con l’amica immaginaria e triste rappresentata dalla foto di una bimba che indossa lo chador e alla quale Chiara confida segreti, pene e successi. È il profumo di spezie e il bagliore delle gioie venduti nelle botteghe del bazar, il tepore delle notti iraniane illuminate di stelle, il frusciare delle piante e il colore dei fiori del giardino.
È, in definitiva, il piccolo e immenso mondo di una bambina attraverso il quale Chiara Mezzalama ci conduce con la sua penna leggera e garbata.