Il poliziotto e l'ineluttabilità del destino
Autore: Raffaele Polo
Testata: Quotidiano di Puglia
Data: 15 agosto 2015
Ormai è diventato un classico: inventare un personaggio e cucirgli addosso una serie di storie impastate di omicidi, verità inconfessabili e atmosfere rarefatte e intriganti. Poi, addentrarsi nella psiche di questo personaggio e farlo crescere, man mano, sino a farlo diventare irrinunciabile presenza di ogni storia. Giorgia Lepore non si sottrae a questa tutto sommato piacevole modo di procedere letterario: e attorno al suo ispettore Gregorio Esposito, detto Gerri, costruisce un ottimo romanzo, edito da e/o e dal titolo facilmente memoralizzabile, “I figli sono pezzi di cuore”.
Ambientato in una riconoscibilissima Bari (splendide le pagine nelle quali il protagonista veleggia nei pressi della Cattedrale, ma anche le sequenze sugli scogli non sono da trascurare) la vicenda tocca numerose tematiche, rimanendo sospesa in un malinconico progredire che dimostra l’ ineluttabilità di destino ed esiti che pure gli sforzi e la buona volontà dei “buoni” non riesce a mutare. In particolare, le relazioni tra genitori e figli, le incomprensioni e i traumi, la morbosa ricerca di creare scusanti ed alibi a tutti i costi per salvare “il buon nome” e, da ultimo, il desiderio della trasgressione e del proibito che vengono dirottati diversamente nelle vite dei personaggi (preti, uomini politici, prostitute, poliziotti, ricchi inossidabili ed egoisti, giovanissime in amore) creano un’armonica intelaiatura nella quale si muove l’ insicuro ispettore, attorniato da tante donne che, giocoforza, si innamorano di lui.
Il linguaggio adottato dalla Lepore sorprende, soprattutto per il suo a volte brutale realismo. Ma è appositamente gettato in faccia al lettore per fargli capire che non si scherza, non c’è tempo per maliziosi ammiccamenti, la vita vissuta è tutt’altra cosa.
Insomma, un piacevolissimo libro da leggere e rileggere, soprattutto dedicato a chi è un culture del genere e non ha dimenticato il Duca Lamberti di Giorgio Scerbanenco.
E l’ atmosfera pugliese che trasuda da questo scritto non è certamente inferiore alle brume lombarde o agli assolati barocchismi di Montalbano.