D’altronde, la sua stessa vita sembra un romanzo, pertanto il suo destino, in un certo senso, non poteva che essere segnato: Raphaël Jerusalmy, dopo essersi laureato alla École Normale Supérieure e alla Sorbona di Parigi, dove è nato, ha compiuto un vero e proprio cursus honorum all’interno delle fila dei servizi di intelligencemilitari israeliani. Successivamente si è fatto promotore di diverse iniziative di carattere umanitario ed educativo, e al giorno d’oggi vende libri antichi a Tel Aviv.
Dopo l’esordio con Salvare Mozart, ora è il turno di una sorta dithriller di ambientazione tardomedievale, I cacciatori di libri, pubblicato nella collana Dal Mondo da e/o, che come sempre si distingue per la raffinatezza delle sue copertine, anche se questa, assolutamente coerente con l’atmosfera del testo, sembra essere ununicum, una gemma a sé.
Jerusalmy si diverte a immaginare la seconda parte della vita di François Villon, poeta realmente esistito e al tempo stesso criminale graziato dall’impiccagione: nel gennaio 1463, bandito da Parigi, ha fatto perdere le sue tracce, e la storia nella quale lo scrittore dà libero sfogo alla sua immaginazione è quella, non del tutto originale, ma piacevolmente raccontata, di un sotterraneo conflitto in giro per l’Europa allo scopo di salvare preziosissimi manoscritti dalla distruzione. Ha ritmo, è semplice e affascinante: un romanzo che piacerà, soprattutto a chi crede che i libri custodiscano qualcosa di più che semplici parole, bensì, in fondo, quella stessa sostanza della quale sono fatti i sogni. E la vita.
Nato alla fine del Medioevo, François Villon è il primo poeta della modernità. È l’autore della famosa Ballata degli impiccati e dellaBallata delle dame di un tempo. Ma Villon è anche un noto brigante e malfattore. Nel 1462, all’età di trentun anni, viene arrestato, torturato e condannato a “morire per impiccagione”.
Il 5 gennaio 1463 il Parlamento annulla la sentenza e lo bandisce da Parigi. Da allora, nessuno sa che cosa ne sia stato di lui…
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Il modo in cui Johann Fust conduce i suoi affari desta grande interesse a corte. Il tipografo tedesco ha aperto delle stamperie in diverse cittadine isolate, in Baviera, nelle Fiandre e in Italia settentrionale. A quanto pare non sembra trarre alcun vantaggio economico da quelle succursali, ma la loro distribuzione sulla mappa ricorda uno schieramento militare. Con quale obiettivo? Stando alle informazioni ottenute, Fust ci rimette soldi ogni giorno che passa. A Magonza pubblica bibbie e opere edificanti su ordinazione, ma altrove le sue tipografie artigiane stampano volumi di tutt’altro genere: antichi testi greci o romani, trattati più recenti di medicina e di astronomia che solo lui pare in grado di procurarsi, senza che nessuno riesca a scoprirne la provenienza. Chi lo rifornisce? Nella copia della Repubblica che Villon ha appena tenuto in mano, Platone spiega come si deve governare la città. Quel testo conferma Luigi XI nel suo disegno politico. Inoltre rafforza lo statuto della Chiesa di Francia, desiderosa di affrancarsi dal giogo apostolico. Da qui l’opposizione di Roma. Perché Fust si ostina a pubblicare opere del genere, rischiando di subire i fulmini dell’Inquisizione?