Chi sono i rom? Quelli da cui proviamo a tenerci alla larga in strada, in metropolitana o negli autobus? O sono altro? Leggere l’ultimo romanzo di Gino Battaglia ‘La fortuna di Dragutin’ Edizioni e/o) offre la possibilità di dare qualche risposta in più a queste domande. Pagina dopo pagina, l'autore affronta uno di quei temi che quasi nessuno prova a trasformare in letteratura. I lettori con lui si immergono nella vita di un campo rom tra un fiume e una discarica, si ha l’impressione di essere circondati anche noi da fango, rifiuti, da quell’odore incancellabile di sudore, cibo e tessuti umidi che regna nelle roulottes.
Gino Battaglia è uno di quegli scrittori, purtroppo sempre più rari, che innanzitutto vivono, e poi scrivono. E’ un sacerdote della Comunità di sant’Egidio, conosce bene la realtà dei campi rom. Ma è anche un fine maestro delle storie, tre anni fa con il suo ‘Malabar’ aveva ottenuto la candidatura al Premio Strega.
Il risultato è questo romanzo sincero, non un ritratto edulcorato del mondo rom su un piccolo gruppo di zingari, guidati da Dragutin, un anziano patriarca sfuggito da bambino allo sterminio nazista. Sotto un cielo piovoso, nel fango delle baracche, si intrecciano le storie dei suoi parenti e dei membri della sua kumpania, e soprattutto incombe la sciagura finale, una disgrazia annunciata, ma che nessuno dei protagonisti ha la forza e le risorse per evitare. Il racconto procede inesorabile, lucido, senza nascondere nulla dei problemi di un popolo che è il suo primo nemico e di un Paese come l'Italia che ha scelto il modo peggiore di accoglierli ghettizzandoli.