La "doppia vita" di un ginecologo: giallo di Savarese
Autore: Pier Luigi Razzano
Testata: La Repubblica
Data: 23 agosto 2014
IL BUCO nero lo attende di notte. Quando si spegne il giorno e cade la maschera dell’irreprensibile Benedetto De Notaris, cinquantenne ginecologo, regolarmente diviso tra la lussuosa casa e il centro religioso di Padre Vittorio, dove visita i pazienti. La notte sente tutto il peso dell’universo, su cui troneggia il Vesuvio, solitario come lui, ma è subito pronto a girargli le spalle, attendendo che i fari di un’automobile lo conducano verso uno dei suoi appuntamenti ottenuti via chat. Al suo secondo romanzo, il magistrato- scrittore Eduardo Savarese, dopo “Non passare per il sangue” torna con “Le inutili vergogne” (Edizioni E/O) sondando la doppia vita di De Notaris, spogliandolo lentamente delle ipocrisie, tracciando una linea affilata, come lo è la scrittura, per stanarlo dalla gabbia di fasulle rassicurazioni e da un passato messo nell’armadio, congelato in un modo quasi meccanico, come la collezione di bambole che custodisce gelosamente. Storia di un uomo che ha smesso di amare, barricato contro le sofferenze, non più disposto a mettersi in gioco, fermo in uno schematico equilibrio di fronte alla sua scissione. Lavoro, e sesso febbrile, fugace, per soddisfarsi e annullarsi. Attorno a Benedetto gravitano le figure della madre, della zia Gilda la cui apparizione del diario lo scuote con confessioni sulla carnalità e riflessioni mistiche. Poi l’esuberante transessuale Nunziatina, che lui, da alto borghese, disprezza, non ne accetta la felicità e la libertà di una sessualità vissuta senza condizionamenti sociali. Un romanzo che mette di fronte il rapporto tra religione e sessualità, di riavvicinamento e svelamento di Dio, della sua parola, mentre soffia lento l’alito divino che «accarezza le difformità dell’umana fragilità», come scrive il padre gesuita Paolo Gamberini nella postfazione, ricordando le parole di Sant’Agostino: «Sulla croce pendeva deforme, ma la sua deformità è la nostra bellezza».