La questione è controversa: è giusto che la letteratura si appiattisca sul cinema, assumendone modalità e vezzi vari? L’argomento richiede una discussione approfondita, implica il possibile futuro dei vari generi letterari, ma è impossibile non porsi il problema di fronte a libri quali Io non esisto di Cristiana Carminati, nei quali l’autore/regista si preoccupa, nel montaggio delle sequenza, soprattutto del loro rapido susseguirsi, subordina l’interiorità dei personaggi al ruolo loro affidato in quanto motori dell’azione ed evita rigorosamente qualsiasi concessione allo stile letterario proprio della pagina scritta.
Ovvio, si tratta di un thriller, genere per il quale è comunque d’obbligo costringere il lettore a muoversi nell’ombra dietro le spalle del serial killer e contemporaneamente a correre a perdifiato assieme a chi gli dà la caccia. Qui per di più, come nel più classico dei film dell’orrore lo spirito del male si incarna in un edificio maledetto ( basta considerare per un confronto l’ambientazione scelta per rielaborare i luoghi comuni del genere dalla serie televisiva The American Horror Story 1 e 2): a occupare il centro della scena è infatti il Collegio della preservate a Roma, gestito da suore, ove nel passato si ritrovavano giovani donne, non sposate, per partorire e affidare in adozione i figli. Abbandonate da decenni le vecchie mura nascondono i loro arcani in stanze segrete, abitate da ombre minacciose senza identità: carcasse di uccelli morti ovunque sono la macabra accoglienza per chi ne viola il mistero. L’assassino di fanciulle innocenti è una sua emanazione, quando colpisce indossa l’abito da suora e invoca Dio, di cui si considera angelo giustiziere.
Ma filiazione del medesimo locus horridus è anche l’investigatore ex poliziotto Andrea Hofmann, che lo stesso carnefice esige come sua controparte. Parallelamente all’inchiesta del detective, sopportato daVivi, una Lisbeth Salander meno invasiva, nonché dalle rivelazione ambigue di un medium, numerosi flash-bach svelano al lettore il passato del convento: sopraffazione, torture e turpitudini dietro la facciata di rifugio consacrato alla preghiera. Lì Andrea scopre le radici del suo stesso malessere di figlio adottivo: per far luce su se stesso deve esplorare l’inferno e disseppellirvi lo spirito maligno che lo anima. La conclusione sarebbe quella che ci si attende con la neutralizzazione della follia omicida, se non fossimo al cinema: l’incubo pertanto continua, e a presto il sequel.