Eduardo Savarese
Autore: Marilù Oliva
Testata: Libroguerriero
Data: 3 giugno 2014
ATTIVITÀ: scrittore/magistrato
SEGNI PARTICOLARI: invisibili agli occhi
LO TROVATE: edusavarese@gmail.com
Cosa rispondevi da piccolo quando ti chiedevano che lavoro volevi fare da grande?
Devo dire che non me lo ricordo. Però giocavo sempre a fare il professore di lettere…
E adesso, cosa dici?
Che vorrei costituire una comunità di silenzio per contemplare la bellezza e comunicarla.
È da poco uscito per edizioni e/o “Le inutili vergogne”. Un sottotitolo al libro.
“O … del realismo dei visionari”
Protagonista del romanzo è Benedetto o meglio: la lacerazione che produce in lui il dissidio tra spiritualità e omosessualità. Nello slancio verso Dio, a che punto avviene questa lacerazione?
In nessun punto. La lacerazione avviene prima che lo slancio parta. Indotta dalla tradizione culturale e religiosa. Dalla condanna della morale oggettiva, religiosa e non. Ma quando lo slancio parte, la lacerazione si rimargina.
In tutto il libro Benedetto è un personaggio in fieri, nel senso che diviene attraverso l’autentificazione della sua identità. Non è tuttavia, un personaggio che arriva alla conclusione di un viaggio: è come se, alla fine, il viaggio, per lui, avesse compiuto una prima, fondamentale tappa. È così?
Assolutamente sì. Ho rappresentato il destino che lo assedia proprio nella fase della vita in cui è ormai convinto che nulla possa realmente cambiare, perché si sente appagato, rassicurato, anche se infelice. Ed invece, altri lo mettono sotto assedio costringendolo a capitolare. E lo salvano.
Perché è così faticoso capire quanto alcune vergogne siano inutili?
Il concetto e la pratica della “vergogna” sono centrali nel rapporto tra noi e la comunità, a qualsiasi livello. Il senso della vergogna è il rifugio della nostra anima, incapace di lottare per la sua libertà.
Nel romanzo ha un ruolo fondamentale anche il momento liturgico…
Perché i riti sono fondamentali! Liturgia è bellezza, quando i simboli che vi agiscono li facciamo entrare in contatto profondo col nostro vissuto irripetibile. Nella liturgia c’è la memoria, o meglio il memoriale, c’è la forma, c’è il respiro della vita.
Una cosa che non ti piace del mondo editoriale
La scarsa libertà dell’ambiente. Troppi monopoli, a tutti i livelli.
Una cosa che invece ti piace
La mia casa editrice.
Una cosa che non sopporti, in generale
La mancanza di pietà.
Una cosa che mandi giù a malincuore
Il peso delle ingiustizie.
Una cosa che ti fa stare bene
Il corpo che si allena e suda.
Se un bambino ti chiedesse cos’è il male, cosa risponderesti?
L’indifferenza al dolore di ogni creatura.
E se lo stesso bambino ti chiedesse cosa significa essere uno scrittore?
Farsi carico del dolore delle creature.
Due pregi e due difetti
Lucidità e determinazione. Impazienza e infedeltà.
L’ultimo dubbio
Quale la vocazione vera?
Una certezza
L’amore di Dio.
L’ultima volta che ti sei arrabbiato
Sai, non lo ricordo. Non sono uno che si arrabbia. Però, a dire il vero, all’ultima riunione di condominio!
A cosa stai lavorando, ora?
Un romanzo: purificazione dei costumi, fisica quantistica, distrofia.
Ci saluti con una breve citazione dal tuo romanzo precedente, “Non passare per il sangue”?
“Sembra guardare un punto fisso davanti a sé, dove passa e si riassume la sua storia, dove forse qualcuno la sta sbeffeggiando, ma dove vorrebbe poter intervenire per trovare pace. Una pace alle sue condizioni, però”.
E adesso ci saluti come ci saluterebbe Benedetto?
Ciao (con un mezzo sorriso, sollevato che ci siam levati di torno!).