Eric-Emmanuel Schmitt | La giostra del piacere
Autore: Licia Ambu
Testata: Finzioni
Data: 9 gennaio 2014
Ingabbiare i pappagalli nella civiltà significa considerarli scimmie acustiche. A meno che non si considerino le scimmie pappagalli acrobati.
Amore. 1. Problema tra umani che alcuni scambiano per soluzione. 2. Egoismo che trova un equilibrio provvisorio grazie all'egoismo altrui. 3. Facoltà eccezionale di interessarsi all'altro e disinteressarsi di sé. 4. Argomento di romanzi.
Il fatto è, con Eric-Emmanuel, che ti ritrovi in quel tipo di conversazioni dove l'interlocutore riesce a raccontarti moltissime cose senza causarti pause di distrazione mai. Il genere di conversazioni in cui tutto è perfettamente inanellato e dettagliato da lasciarti fiato solo per sospirare. Ciò fa di te il prototipo del portatore sano di risposte iniziate che si bloccano al primo tentativo di emissione. Pronunci una sillaba e stop. Pensi Non è esatto, non è abbastanza. Espiri, prendi la rincorsa per l’aria, riprovi ma niente. Ti ha tolto le parole, nel modo perfetto che lascia col sorriso ebete anche chi è preparato. Di fronte all'incanto non si rende l'idea. A meno di non buttarsi in un elenco di aggettivi, espressioni, gesti ridicoli e parole troncate con una logica poco lineare e tutta ingarbugliata. Altrimenti la cosa è di impossibile realizzazione. E comunque son casi in cui ci si spiega male, è un dato.
Chiunque arrivasse a place d'Arezzo provava una sensazione strana. Non bastava girare la testa per cogliere quel che succedeva. Bisognava prima sapere cosa guardare.
Il fatto subito dopo, con Eric-Emmanuel Schmitt, è che se poi l'interlocutore ti chiedesse cosa ne pensi o se, peggio ancora, ti ritrovassi a dover riferire il tutto a una terza persona, non sapresti proprio da dove iniziare né come continuare. E allora l'altro, la terza persona per esempio, avida di sapere di certo comincerebbe: Di che si tratta? Amore. Anche erotismo. Detto così è riduttivo, sono vite intere. Cioè? E cioè, in pratica pappagalli. Mi avevano detto di una che si faceva un pappagallo e poi. Ma prima pensa una piazza meravigliosamente occupata da cocorite. E pappagalli, appunto. E con un giardiniere che ciao. Quindi il giardiniere è il protagonista? Ma assolutamente no. Cioè, un po', ma ci sono anche uno scrittore, una diva, gente piena di segreti – un sacco di segreti – il fioraio, il sadomaso, il politico, la modella, l'Irlanda, lettere d'amore, tante lettere d'amore (?), alcuni genitori, il gallerista, eccetera. E non in quest'ordine.
A questo punto si dovrebbe poter specificare che i romanzi di Schmitt son sempre nel senso pieno del termine, qualunque termine si scelga di privilegiare: amore, erotismo, dolore. La pienezza. Sono romanzi rotondi, ecco.
Lei ama lui e lui l'altra, con variazioni sul tema. Tante variazioni sul tema. Elenco di alcune variazioni sul tema: lui ama lei e la lascia in manette, lui ama lui ma a volte è un segreto, l'altro aspetta il pompino quando proprio non ce la fa con la tensione, lei ama lui ma lui non la vede proprio, quelli che sia amano però a modo loro e contano fino a tre, il lui che prima dell'ufficio lo salva il cavallo col bosco.
E i pappagalli: anomalia nel quartiere chic di Bruxelles. Nella piazza intitolata all’inventore della notazione musicale, poi. Il loro universo pieno di suoni di senso e di suoni imitati. L’animale che fa il verso all’uomo, ne ripete le parole in una qualsiasi lingua dando l’illusione della comprensione, della telepatia, forse della vicinanza. E l’uomo con la sua smania di dominare tutto, la presunzione di capire, comprendere ogni altra forma vivente e giudicare scomodo da un momento all’altro tutto ciò che semplicemente non gli torna utile.
Su place d’Arezzo scese il silenzio. Solo pappagalli e cocorite, ai piani superiori, continuavano il loro cicaleccio, indifferenti alle miserie umane.
Facciamo dire ai pappagalli quello che vogliamo, ma i pappagalli dicono quello che vogliono. Cosa spiega un pappagallo che parla? Cosa esprime un pappagallo che tace?
E poi Schmitt, adesso io non lo so bene se vi fa anche a voi così, ma a me pare ogni volta di conoscere di vista tutte i personaggi/persone presenti. Gente familiare. Come se si risvegliasse un ricordo. Il tale che incontri tutte le mattine al bar, quello che incroci sul pianerottolo, il fruttivendolo. Proprio mi viene quasi da chiedermi ma dove l'ho lasciata abitare tutta questa gente che conosco, finora? E poi va da sé, lo diciamo così ci togliamo il pensiero, il signore in questione vanta un'infilata di titoli così eccezionali che quasi (senza quasi) ho temuto la delusione. Insomma, riconosciamolo, uno che ti ha scritto Monsieur Ibrahim e i fiori del corano, Odette Toulemonde, Piccoli crimini coniugali, è anche un po' colpa sua se ti abitua in un certo modo. Falso allarme, colpo a segno.
Forse la magia è saper dire precisamente la complessità delle cose. Complessità, non complicazione. E se uno sa raccontare senza paura, senza il velo di pudore, quel pudore che è vergogna non riservatezza, senza ipocrisia, allora non c'è altro. Ascolti, e dalla tua l’enorme vantaggio di essere lettore. Godertela e basta. Chiudere il libro e prestarlo alla terza persona avida di sapere di cui sopra. Nient’altro. Sarebbe tempo perso ritentare di nuovo, non sapresti proprio metterla in piedi la storia del pappagallo, l’afgano e duecentoquarantadue euro che per spiegarla si passa da Boston. Non potresti perché poi dovresti dire anche della ricchissima ereditiera e del comodino. E a questo punto il debito di fiato è di nuovo dietro l'angolo.
Va così, certe volte. Le cose hanno una gran fantasia già da sole.
Figurarsi nei libri.
Certo, nel dettaglio c'erano riflessioni interessanti. Ma nel dettaglio. Doveva credere che la letteratura consistesse unicamente nei dettagli? Ma andiamo…