Ogni donna recita a Teheran
Autore: Franco Marcoaldi
Testata: D / La Repubblica
Data: 5 ottobre 2013
Sheyda - il nome d'arte con cui la star del cinema Golshifteh Farahani impersona se stessa in L'attrice diTeheran della connazionale Nahal Tajadod
- a un certo punto della storia si chiede: e se fosse che il cinema iraniano è così bello e coinvolgente perché nel nostro paese tutti, ma proprio tutti, abbiamo introiettato alla perfezione la costante necessità di recitare e mentire? Lo fa quotidianamente ogni figlia con la madre, la madre col marito e il marito con tutte le forme di un potere occulto e sadico che impedisce le azioni più naturali e quotidiane: danzare, suonare, esprimere opinioni e desideri, stringersi affettuosamente la mano bersi tranquillamente un bicchiere in compagnia di amici. Proprio questa colossale recita collettiva sta alla base del romanzo di Nahal Tajadod. Anche se la parola romanzo, forse, non è la più consona. Meglio sarebbe parlare di un ritratto a specchio, assieme fantastico e realissimo, che Nahal cuce addosso a Farahani, attrice di cinema e teatro, popolarissima in Iran e costretta a un certo punto all'esilio, così come in precedenza era accaduto all'autrice. Che se ne è dovuta andare all'avvento di Khomeini, mentre Sheyda/Golshifteh è figlia giust'appunto della repubblica islamica, essendo nata nel 1983, in piena guerra tra Iran e Irak. Ed è questa la molla che spinge Nahal a indagare nella sua vita burrascosa, quasi che cogliendo il suo segreto possa illuminare finalmente anche il cuore di tenebra di quel nuovo Iran, a lei sconosciuto. Perciò ripercorre passo passo le infinite angherie patite dalla famiglia dell'attrice, formata da artisti e intellettuali laici invisi agli ayatollah. Poi le tiene idealmente la mano mentre, bambina dotata di orecchio assoluto, varca le porte del Conservatorio per dedicarsi al pianoforte. Ne ascolta i terrificanti resoconti sulle brutalità sessuali conosciute dentro e fuori casa. Registra tutte le sue fantasie e tutte le sue menzogne, necessarie a sfuggire alla morsa di una realtà asfissiante e penosa. Sino alla rivolta di Sheyda adolescente, che si taglia i capelli a zero e si traveste da uomo per vedere il mondo da una prospettiva finalmente diversa rispetto a quella insopportabile che le è stata assegnata. Da consumata attrice nella vita, Sheyda non farà alcuna fatica a imporsi sui set e i palcoscenici: la sua popolarità ora varca i confini, la vogliono addirittura ad Hollywood. Ma i Guardiani della Rivoluzione colpiscono quando meno te lo aspetti e la tengono sotto torchio per sette lunghi mesi, addebitandole addirittura di essere in combutta con la Cia. Eppure, quando Sheyda trova finalmente la possibilità di scappare, qualcosa si rompe dentro di lei. Sente mancare il terreno sotto i piedi. E si ritrova «sull'orlo di un baratro, alla fine del mondo».